Intervista all’ abruzzese Pascal Tinari, passione champagne
Pascal, tra i migliori sommelier under 35 secondo Gambero Rosso: “Bere champagne è l’emozione di scoprire un mondo. E vuole rispetto”
di Collaboratori
Ultima Modifica: 18/06/2019
L’ intervista al giovane Pascal Tinari, maitre e sommelier di Villa Maiella di Guardiagrele, a cura di Jolanda Ferrara
“Bere il calice e non l’etichetta, lo champagne è un’emozione e non necessariamente un bere esclusivo. Per vivere un’esperienza gastronomica totale, affidarsi al sommelier e soprattutto alla propria curiosità, alla voglia di scoprire una terra e chi ci vive”.
E’ così che la vede Pascal Tinari, tra i migliori sommelier under 35 che lavorano in Italia secondo il mensile “Gambero Rosso”, tanta simpatia da vendere, e la responsabilità di sala e cantina nel ristorante di famiglia, il Villa Maiella di Guardiagrele, in provincia di Chieti, stellato Michelin, di papà Peppino e mamma Angela. (Credit, foto in alto Mirko Panaccio)
50 artigiani del gusto al Golf Country Club di Miglianico (Chieti)
Un approccio “attento alla cultura del luogo di produzione, di un cru” quello che Pascal ha voluto trasmettere durante la masterclass di cui è stato acclamato protagonista a Omnia Sensi, numero zero del nuovo format del gusto “buono e giusto” – oltre cinquanta artigiani del gusto con i principali produttori della zona pedemontana – organizzato da Slow Food Majella Guardiagrele nel verde del Golf Country Club di Miglianico (Chieti).
Una degustazione “dinamica ed estrema” data la temperatura torrida della giornata non ancora ufficialmente estiva ma tale da far virare l’attenzione dal piacere freddo del tourbillon nel calice alla visione che sta alla base di ogni progetto enologico. Sei in tutto, cinque champagne più un intruso – Pascal li ha volutamente proporre alla cieca – selezionati da Simone Serra, deus ex machina della kermesse nonché fiduciario della condotta Slow Food guardiese.
Domanda: Pascal, lo champagne è per te una passione. Delle milleduecento referenze in carta al Villa Maiella, 140 sono di champagne. Come organizzi le tue degustazioni?
Risposta: “Approfitto di ogni occasione per poter trasmettere ciò che ho appreso nei miei viaggi nella Champagne, una passione che coltivo da alcuni anni, il primo viaggio risale al 2014. La premessa da cui parto è che lo champagne è un grandissimo vino che riflette e comunica un grande territorio, è un vino versatile che può accompagnare l’intero pranzo dall’antipasto al dolce. La bravura di noi ristoratori deve essere anche quella di pensare cosa si propone e a chi. Dobbiamo essere bravi a fare da tramite a uno stile di vita e di pensiero. E contemporaneamente capire il desiderio del nostro ospite: il vino che proponiamo deve piacergli già prima di berlo”
Com’ è nato il tuo innamoramento per il vino del piacere e della festa?
“Devo questa passione al mio maestro, il giornalista Alberto Lupetti, uno dei più grandi esperti sull’argomento. La sua è una visione più ampia e differente da quella che si ha generalmente, lo champagne non è solo un vino per momenti di festa ma incarna la cultura di un luogo, una zona di produzione, un pensiero, uno studio e tanto lavoro da parte del produttore al quale dobbiamo rispetto. Concetti che qui in Italia non associamo immediatamente al piacere di un calice di bollicine turbinanti”
Come hai organizzato la tua Carta champagne e cosa tendi a comunicare all’ospite del tuo ristorante?
“Ho assortito le referenze selezionando piccole e grandi maison, territori, stili e annate diverse. Ho voluto più colori a disposizione con l’idea di avere un quadro armonico. La cosa che più mi piace è trasmettere l’idea dell’annata, raccontare una storia nella verticalità del tempo. In Italia non si ha la cultura delle vecchie annate per lo champagne, uno dei vini più longevi esistenti. In realtà è come per il vino e a me interessa proporre diverse tipologie in abbinamento alle portate di un pranzo. La possibilità di scegliere tra assemblaggi diversi, Chardonnay, Pinot noir, Meunier, Arbanne, Pinot blanc, Petit Meslier, consente di esplorare la grande orizzontalità del mondo champagne”
Qualche applicazione pratica del tuo discorso?
“Volentieri. Se sai che mangerai crudi, di pesce o vitello, sceglierai le bollicine più fini di più delicata acidità come può offrire un assemblaggio tradizionale di Chardonnay Pinot nero e Meunier. Con la pietanza di carne si andrà più sul materico pinot noir. E possiamo abbinare lo champagne anche con la pizza, unica attenzione all’acidità del condimento, preferibile focaccia o pizza bianca con affettati o formaggi, romana in pala farcita con porchetta o tacchino, piuttosto che una Margherita”
Come si conciliano curiosità di conoscere e abbinare al cibo, con le possibilità di spesa della clientela?
“Bere champagne non deve costare necessariamente tanto, esistono moltissimi prodotti di qualità a prezzi accessibili. Consiglio, se si è già curiosi di natura, di affidarsi al proprio istinto con l’ausilio di una buona carta dei vini dai ricarichi non esagerati. Il vino diventa così complementare all’esperienza gastronomica e può regalare un’emozione”
Come cambiano i gusti dei moderni consumatori di bollicine?
“E’ straordinaria l’evoluzione del gusto nel tempo, lo champagne ha attraversato epoche, dosaggi, stili. Dapprima erano più dolci secondo il gusto russo imperante, poi si è andati alla ricerca di pulizia e austerità, sapori secchi più inglesi, un po’ come gli stili di birra. Oggi si predilige il pas dosé, residui zuccherini bassi e maestria dello chef de cave nel fare vini molto armonici, eleganti, versatili ma su una buona base acida, che non senti la parte dolce. Il dosaggio è una liaison che armonizza il tutto e completa questa opera d’arte realizzata dalla mano dell’uomo”.
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