Ci ha lasciati Corrado Barberis, padre della sociologia rurale - InformaCibo

Ci ha lasciati Corrado Barberis, padre della sociologia rurale

Realizzò il primo “Atlante dei prodotti tipici italiani”, docente emerito della Sapienza, ha dedicato la vita allo studio delle trasformazioni delle campagne italiane

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 04/04/2019

Una grande perdita per la cultura dell’agricoltura italiana, uno dei suoi nomi più illustri: se ne è andato all’età di 90 anni Corrado Barberis, padre della sociologia rurale e presidente honoris causa dell’Insor, Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, che ha dedicato una vita allo studio delle trasformazioni delle campagne italiane.

Lo ha annunciato l’altro ieri, 2 aprile 2019, una nota diffusa dalla Coldiretti che ha espresso “cordoglio per la scomparsa dello studioso che, tra le altre opere, realizzò il primo “Atlante dei prodotti tipici italiani”. Nato a Bologna nel 1929ricorda la Coldiretti – Barberis intuì per primo il passaggio del concetto di cibo da semplice fonte di sostentamento a fattore di benessere, cultura ed economia”.

Ci piace ricordare che insieme al parmigiano Corrado Truffelli, già consigliere regionale dell’Emilia Romagna, Corrado Barberis, ha scritto il Rapporto sull’Appennino parmense, Diabasis, Reggio Emilia, 2002. Barberis diresse anche l’Istituto nazionale di sociologia rurale fondato nel 1959 da un’altro emiliano, il reggiano Giuseppe Medici, più volte ministro democristiano, profondamente legato ai problemi della terra.

Antonio Gnoli nelle sue interviste della domenica su La Repubblica ha intervistato Corrado Barberis:Il cibo racconta la nostra storia ma nei libri di ricette non c’è fantasia”.

Una domanda di Antonio Gnoli: “Come le è venuto in mente di occuparsi di cibo? Non c’era ancora una tradizione, una strada segnata”. La risposta: “C’era il mito della plastica, e restammo orfani della terra…”

La risposta completa di Barberis: “La tradizione bastava scoprirla. Era sotto gli occhi di tutti. Ma negli anni Cinquanta le migrazioni verso il nord industriale, il tramonto del mondo contadino e il trionfo dell’urbanizzazione impedirono che se ne prendesse coscienza. C’era il mito della plastica, e restammo orfani della terra. Immodestamente fu l’Insor – il mio istituto nazionale di sociologia rurale – a lanciare negli anni sessanta il grande tema del cibo. E legarlo non solo alla qualità ma anche al territorio”.

Un’altra domanda, Cosa pensa dei libri di ricette?

Spesso sono ripetitivi e per giunta scritti senza fantasia. L’Artusi è un grande libro, come lo è a suo modo Il talismano della felicità di Ada Boni. Questa donna fornì una speranza culinaria a tutte le spose italiane. Se Artusi è Manzoni, Ada Boni è Guido Gozzano che reinterpreta la felicità piccolo borghese a tavola. Altri ricettari non ne vedo. Carnacina non mi ha mai entusiasmato. Forse i francesi: Escoffier, Brillat-Savarin, Grimod de la Reynière. Fu quest’ultimo ad ammonire i commensali ad alzarsi da tavola con un residuo di appetito“. QUI tutta l’intervista su la Repubblica.

Barberis coniò la parola “metalmezzadro”

Un bel ricordo di Barberis lo ha fatto Vittorio Emiliani, giornalista e scrittore, attraverso Radio Radicale nella puntata di “Maestri” (mercoledì 3 aprile 2019). Emiliani ha ricordato la figura di Barberis “cattolico degasperiano” e la sua capacità di legare la fabbrica alla terra tanto che coniò la parola “metalmezzadro”. QUI da Radio Radicale.

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