Crapiata materana: ricetta della zuppa tipica dei Sassi di un tempo
Uno dei piatti tipici di Matera che dice tanto del senso di condivisione di un tempo tra la comunità locale. La ricetta e le sagre che la celebrano.
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 14/02/2024
La crapiata materana è la zuppa di legumi tipica della città dei Sassi, un vero e proprio rito collettivo che affonda le sue radici ai tempi dei Romani.
Si tratta di una ricetta antichissima che, come altre tradizioni e piatti lucani, è legata alle usanze contadine e alla terra e anche a uno spirito di fratellanza che univa i lavoratori nei campi e i vicini che vivevano nei Sassi.
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Le origini della crapiata materana
Un piatto che parla della terra di origine insomma e di usanze quasi sparite: come quella che il 1 agosto voleva che chi lavorava nei campi celebrasse il raccolto. Per festeggiare l’annata, le donne del vicinato portavano ciascuna una mangiata di grano e legumi contadina materana e alla terra. Ciascuno contribuiva con quello che aveva. Tutti i legumi, poi, venivano cotti in un grande pentolone tutti assieme e serviti a tutto il circondario sotto forma di zuppa, ovvero la crapiata.
La tradizione è rimasta e la zuppa di legumi materana si fa ancora il 1 agosto nel borgo La Martella per esempio, dove vengono cotti quintali di legumi per sfamare tutti.
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Cosa significa crapiata?
Il nome di questa zuppa sembra essere collegato ai suoi ingredienti. Per alcuni infatti deriva dal termine “crampa” o “cramba” (dal greco Krambe), che indica la pianta di ceci o di fave o di piselli, che sono alcuni dei legumi utilizzati per prepararla.
Secondo altri invece deriva da un altro termine, proveniente dalla vicina Calabria, “cràpia”, che indicava il treppiede su cui si metteva il grande pentolone per cuocere la zuppa collettiva.
Sul blog I sapori dei Sassi, si ipotizza che possa derivare dal latino crepula, che significa “”ubriachezza”, visto che durante la festa di inizio agosto si beveva molto anche, oppure da crapa, che vuol dire capra, visto che la domenica successiva alla festa si uccideva e mangiava una capra.
Quale che sia l’origine del nome crapiata, ci dice soprattutto quanto questo piatto fosse strettamente connesso al suo territorio e alle usanze stagionali di allora. Come i suoi ingredienti d’altronde.
La ricetta della crapiata
Un ricetta antichissima dicevamo, ma anche molto moderna, perché vegan, genuina, ricca di proteine vegetali grazie ai legumi ma con anche una parte di carboidrati data dalle patate novelle. Le patate un tempo era l’unico prodotto “fresco” utilizzato per fare la crapiata, mentre i legumi provenivano dal raccolto dell’anno precedente.
Una ricetta gustosa e un piatto completo, che prevede poco condimento però, quindi sano. Ci sono infatti piselli, fave, ceci, grano, farro, lenticchie, fagioli, cicerchie, patate novelle, pomodorini, sedano, cipolla e carota. Il condimento, come dicevamo, è pochissimo: solo un filo d’olio extravergine d’oliva e sale quanto bassa. Il segreto è nella qualità degli ingredienti, messi preventivamente in ammollo, e nella cottura lentissima e lunga.
Non troverete da nessuna parte le dosi per questa ricetta per meno di 4 persone. Perchè è una ricetta nata per essere preparata e gustata in gruppo.
Se vi avanza, sappiate che comunque il giorno dopo riscaldata è buonissima o, se diventata troppo asciutta, è perfetta come base per creare delle polpette vegetali, impanandole magari con il pane casareccio raffermo o avanzato e grattugiato.
Ecco come si prepara la crapiata materana.
La Crapiata, la zuppa di legumi di Matera
Ecco la ricetta della crapiata, la zuppa tradizionale di Matera dalle origini antichissime, nata come rito collettivo che celebrava la fine del raccolto. Tanti legumi e patate novelle, cottura lenta e un filo d’olio: sono questi i pochi ma buoni ingredienti che hanno reso questa ricetta celebre nei secoli tanto da renderla un simbolo di Matera. Un piatto tipico che parla della vita di un tempo tra i Sassi, del valore della condivisione e del vicinato. Un piatto che nasce per essere condiviso, possibilmente in tanti, per il quale si usavano treppiedi e grandi recipienti per prepararlo. Ricetta che è anche moderna, adatta anche a una dieta vegan, visto che non prevede alcun ingrediente di origine animale.
Ingredienti
- 100 g di fave non decorticate
- 100 g di farro
- 100 g di ceci
- 100 g di cicerchie
- 100 g di piselli
- 100 g di fagioli bianchi
- 100 g di fagioli occhio nero
- 200 g di lenticchie piccole
- 200 g di grano duro
- 1 carota
- 1 costa di sedano
- 1 cipolla
- qb Olio Extra Vergine di Oliva
- 2 foglie di alloro
- qb pomodorini
- qb acqua
- qb sale
Istruzioni
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Mettere in ammollo il giorno prima tutti i legumi secchi. Trascorse circa 24 ore, sciacquarli.
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Pulire bene le patate novelle lasciando la buccia.
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Mettere tutti i legumi e le patatine in una pentola e coprire il tutto di acqua di circa un paio di centimetri.
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Far cuocere a fuoco lento per circa 45 minuti.
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Aggiungere poi il resto degli ingredienti e un po’ di sale (le carote, il sedano e la cipolla tagliati a tocchetti, i pomodorini a metà o interi).
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Procedete per altri 45 minuti circa.
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Spegnete il fuoco, aggiungete un filo di olio extravergine d’oliva a crudo, e un po’ di peperoncino in polvere.
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Servite caldo accompagnato con un buon vino rosso.
Note
Per guarnirla alla fine, un pizzico di pepe o peperoncino e un filo di olio crudo. Se è primavera o estate, provatela tiepida e a piacere aggiungete qualche fogliolina di prezzemolo appena raccolto.
Accompagnatela con vino rosso della Basilicata e pane casereccio.
O gustatela a Matera in una delle sagre che la celebrano. Piatto che nasceva in estate, è perfetto anche per la stagione fredda.
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