A Identità Golose il giovane Abbruzzino e l’italo-argentino Mauro Colagreco
di Informacibo
Ultima Modifica: 14/03/2017
“La forza della libertà: il viaggio”, questo il tema scelto per questa edizione di Identità Golose, un concept forte che riecheggia quello del 2016. La carica e i significati dello scorso anno non si sono ancora smorzati: così argomenta la sua decisione Paolo Marchi, ideatore e creatore della rassegna-festival. La libertà di uscire dagli schemi soliti è la direzione che mantiene curiosi nel cercare e nello sperimentare. Ma la ricerca è anche viaggio, nei territori, nella creatività: tutto viaggia, l’uomo, i prodotti, le combinazioni gastronomiche, si creano contaminazioni trasversali al di qua e al di là dei confini che si annullano anche quando si rimane tra le barriere della tradizione.
Giovani e grandi chef hanno interpretato per Identità Golose 2017 questa transumanza delle idee e domenica cinque marzo per “La nuova cucina italiana”, è entrato in scena il biondissimo calabrese dagli occhi azzurri, Luca Abbruzzino, stellato Michelin con la sua “Alta Cucina Locale”. Sette anni di professione, prima con i grandi chef e poi nel ristorante di famiglia a Catanzaro “Antonio Abbruzzino”. Grande amore per la sua terra, ma come tutti i giovani della sua età, ama viaggiare. Proprio in una recente vacanza in California, in una località al confine col Messico, scopre l’uso in cucina del nopal, le foglie di una varietà di fico d’India, in genere vendute e usate fresche. Con il loro gusto leggero, dolce, e la consistenza croccante, sono un importante ingrediente nella cucina del Nuovo Messico accompagnate da uova, carne o tacos. Al suo ritorno in Italia le sue nonne gli racconteranno che anche in Calabria le foglie più tenere, spinate dei fichi d’India facevano parte dell’alimentazione della tradizione contadina.
Ed eccolo lì allora Luca Abbruzzino pronto a sperimentare e a scoprire combinazioni che mixano creatività d’oltreoceano con i sapori della sua Calabria.
Il piatto presentato a Identità Golose, era composto da due tacos realizzati con le frittole di maiale, ridotte in crema e quindi essicate a forma di disco, per poter racchiudere il ripieno a base di nopal: un’interpretazione da “millennium” come lui con i suoi neanche trent’anni è. I suoi mantra? “recuperare il perduto” ed “esaltare l’eccellenza delle materie prime” ma nell’ottica di una cucina giovane, libera da vincoli e schemi fissi, aperta alle nuove generazioni, sulle orme di suo padre, per lui il suo più grande maestro.
Mauro Colagreco, lo chef francese, italo/abruzzese
Il suo cognome è italiano, Colagreco, esportato in Argentina due generazioni fa da Guardiagrele, in Abruzzo, un paese di storia in provincia di Chieti, non lontano da Vasto. Mauro Colagreco, una tra le più grandi stelle della ristorazione francese, ha conosciuto le sue origini solo in questo fine gennaio: neanche i suoi nonni ci erano più tornati dopo essere emigrati in Sudamerica. Proprio a Guardiagrele, ha scoperto uno speciale formaggio di capra alla lavanda che sensorialmente lo ha subito trasportato in Costa Azzurra, nella sua Menton, dove ha aperto e dirige da dieci anni il suo famoso ristorante “Mirazur”, 2 stelle Michelin, definito dalla guida un “ristorante dall'innegabile stile, caratterizzato da essenzialit contemporanea e vista sontuosa sul mare e la città vecchia”.
Nella sua cucina Mauro Colagreco “elabora piatti che valorizzano le piante aromatiche, i fiori, le verdure dell'orto e gli agrumi”. In Francia ha consolidato la sua professionalità e ora a quarant’anni, dopo un decennio alla conduzione del Mirazur, è uno chef-imprenditore che può raccontare ancora di più, oltre i profumi e le essenze della Costa Azzurra: dall’hamburger d’autore di “Carne” il fast-food argentino, al bistrot gourmet “B fire” sulle Alpi francesi, all’”UNICO2 di Shanghai, “Le Siecle” di Nanchino e l’”Azur” di Pechino.
Al pubblico di Identità golose per “Identità di pasta”, ha voluto mettere nel piatto le sue ispirazioni made in Italy, il pacchero e il colore viola, non solo interpretato dalla lavanda, l’essenza mediterranea del caprino di Guardiagrele, ma anche dalla patata viola di provenienza sudamericana. Ed ecco allora che il viaggio si è compiuto attraverso un colore e un profumo: nel pacchero il ripieno è di formaggio fresco di capra, condito con olio alla lavanda ed è adagiato su una salsa di patata viola cotta a lungo in sottovuoto per mantenerne il colore. Poco tempo per l’intervista, ma chiaro nel ribadire che la cucina può realizzare un’unione trasversale tra territori, tradizioni e professionalità: le frontiere non sono limiti e si possono trasformare da barriere di confine in limiti da superare per nuove contaminazioni creative.
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