CETA: per i salumi italiani una grande opportunità
“Non ratificare il Ceta sarebbe un grave errore” lo afferma Nicola Levoni, Presidente di Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi)
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 17/07/2018
Ratificare il Ceta sarebbe per i salumi italiani una grande opportunità, lo afferma Nicola Levoni, Presidente dell’ Associazione industriali delle Carni e dei Salumi.
Questa presa di posizione arriva oggi, 17 luglio, dopo che anche l’Aicig, Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche, ha chiesto nei giorni scorsi un incontro nazionale al Ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, alla luce della sua presa di posizione nei confronti dell’accordo bilaterale tra Italia e Canada.
Undici i salumi italiani tutelati dal Ceta
Sono ben 11 i salumi italiani tutelati di cui il CETA garantisce la protezione: Bresaola della Valtellina Igp, Cotechino Modena Igp, Culatello di Zibello Dop, Lardo di Colonnata Igp, Mortadella Bologna Igp, Prosciutto di Modena Dop, Prosciutto di Parma Dop, il Prosciutto di S. Daniele Dop, Prosciutto Toscano Dop, Speck Alto Adige Igp, Zampone Modena Igp. Una lista che il Trattato prevede possa essere implementata in futuro con l’inserimento di ulteriori prodotti.
Nicola Levoni, Presidente di Assica: grave errore non ratificare l’accordo
“Non ratificare il CETA sarebbe un grave errore” afferma Nicola Levoni, Presidente di Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi). “I negoziatori comunitari hanno raggiunto un ottimo accordo, senz’altro perfettibile come ogni compromesso, ma senza il quale i nostri salumi DOP e IGP oggi non avrebbero alcuna protezione. La “coesistenza” tra Indicazioni Geografiche e trade marks non è la soluzione definitiva, ma rappresenta certamente un passo avanti fondamentale. E’ proprio la totale mancanza di protezione che favorisce il proliferare dell’Italian sounding, come appunto avvenuto in passato proprio in Canada e come sta avvenendo in questi anni in Russia, dopo la chiusura di quel mercato alle nostre produzioni per le note vicende politiche”.
Da sottolineare che attraverso il CETA si è riusciti ad affrontare anche questioni che incidono significativamente sulle esportazioni dei salumi italiani tutelati: “Per la prima volta si è riusciti ad introdurre alcune norme di tutela e riconoscimento delle Indicazioni Geografiche nell’accordo con un Paese in cui, storicamente, prevale la tutela della proprietà industriale”, prosegue Levoni.
Un Paese, il Canada, che apprezza molto i salumi italiani. Basti pensare che nel 1997, anno di apertura del mercato canadese al solo Prosciutto di Parma, le esportazioni erano di appena 38 tonnellate, per diventare 238 nel 2005 con l’apertura al Prosciutto di San Daniele e ai prodotti cotti e oltre 400 tonnellate nel 2009, anno di apertura ai prodotti a breve stagionatura; e così via fino a raggiungere nel 2017 – anno dell’entrata in applicazione provvisoria del Ceta – l’importante traguardo delle 2.148 ton (+39,4% rispetto al 2016) per un valore di 25,9 milioni di euro (+43,5%). Un trend di crescita, questo, che prosegue nel primo trimestre dell’anno in corso in cui le nostre esportazioni di salumi in Canada hanno raggiunto quota 455 ton (+8,2%).
La posizione di Assica su Ceta: priorità l’apertura dei mercati
ASSICA ha accolto con favore l’entrata in vigore in via provvisoria, lo scorso mese di settembre, del CETA. “Il perdurante stallo dei negoziati multilaterali e lo stop all’accordo di libero scambio tra UE e USA rendono ancora più prezioso il CETA, oltre che nell’ottica del rapporto bilaterale UE-Canada, anche in virtù dell’accesso al mercato nordamericano nel suo complesso (NAFTA) e in chiave transpacifica di TPP”, aggiunge Nicola Levoni. L’Associazione ha sempre posto tra le priorità l’apertura di nuovi mercati e l’abbattimento delle barriere tariffarie e non tariffarie nell’ambito del commercio internazionale, identificando nell’esportazione verso i Paesi terzi un volano di crescita irrinunciabile per il settore.
Purtroppo, tra l’ottobre 2016 e il luglio 2017, il Report su “G20 Trade Measures” dell’Organizzazione mondiale del Commercio ha registrato tra i Paesi del G20 ben 292 barriere non tariffarie, di cui 42 nuove. “Questo dato è preoccupante perché evidenzia che le relazioni commerciali sono caratterizzate da una nuova ondata di protezionismo, che non è più confinata ai Paesi emergenti ma riguarda in maniera sempre più considerevole i Paesi avanzati. In questo contesto è fondamentale che l’Unione europea rafforzi i legami commerciali e sottoscriva accordi di libero scambio con i suoi principali interlocutori. Chiediamo un momento di confronto tra il Governo e le parti coinvolte. Attraverso la nostra esperienza diretta noi produttori possiamo fornire dati oggettivi e dare contenuto e valore al dialogo in corso sulla politica commerciale del Paese” ha concluso Levoni.
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