Cinta senese Dop: in 3 anni volume di affari a 100 mln
Il presidente del Consorzio, Baruffaldi: traguardo possibile solo se riusciremo ad allevare fino a 20 mila animali e far crescere il mercato della carne
di Redazione Informacibo
Ultima Modifica: 26/03/2018
In Giappone la adorano. In Nord Europa fanno a gara per acquistarla. Mentre in Italia, salvo in Toscana e zone limitrofe, ancora in pochi la conoscono e la apprezzano. Si tratta della pregiata carne di suino allevata, macellata e trasformata nella provincia di Siena, dove un’ottantina di allevatori – solo due possiedono più di 200 scrofe – producono selezionati prosciutti, salami e insaccati rigorosamente Dop..
L’obiettivo del consorzio
Nel complesso, gli animali macellati all’interno del Consorzio di Cinta Senese Dop sono circa 4300, una cifra record in questa stagione visto che prima mediamente ne venivano macellati 3800. E il giro di affari si aggira intorno ai 5 milioni di euro.
“L’obiettivo è di arrivare entro un triennio da 20.000 capi allevati con un fatturato complessivo di 100 milioni di euro. Questi numeri sarebbero sufficienti a creare un mercato solido. Le quantità attuali non ci consentono una reale continuità dal punto di vista economico, il valore del singolo maiale è sottostimato e non è abbastanza remunerativo (€3,5/4 + Iva è il costo per un chilogrammo di carne viva)”, spiega Daniele Baruffaldi, presidente del Consorzio di Cinta Senese Dop, bolognese di nascita ma senese d’adozione da oltre 35 anni.
Traguardo che si può raggiungere, secondo il presidente, provando a far crescere il mercato della carne di cinta senese, che attualmente viene esportata soprattutto in Giappone e nell’Europa del Nord. “Oggi il 90% della carne viene trasformata in salumi, l’obiettivo è di abbassare la quota al 50%. Il resto dovrebbe essere rappresentato dalla carne di cinta senese”, conclude Baruffaldi.
Baruffaldi: Negli anni Ottanta, era a rischio la razza. Ora non più
Una carne unica al mondo
La peculiarità dei suini allevati dal Consorzio di Cinta Senese non è solo la razza, ma anche le tecniche di lavorazione della carne: gli animali vengono identificati non oltre 45 giorni dalla nascita con l’apposizione della marca auricolare, questo elemento identifica in modo univoco i singoli animali.
Dopo il quarto mese di età, durante il quale gli animali possono ricevere un’integrazione alimentare giornaliera, i suini devono soggiornare quotidianamente in appezzamenti di terreno sia recintati che non, provvisti di eventuale ricovero per le ore notturne ed anche in caso di condizioni climatiche sfavorevoli. L’integrazione alimentare non può essere superiore al 2% del peso vivo, ed è composta da cereali di origini lai toscana senza soia e Ogm.
“Le carni di cinta senese si caratterizzano per una forte presenza di grasso di marezzatura, una bassa perdita di liquidi – acqua al momento della cottura. Nella trasformazione in salumi e insaccati, i prodotti si contraddistinguono per le proprietà organolettiche che li rendono una vera eccellenza della tradizione toscana”, spiega Baruffaldi.
Il Consorzio vigila contro chi fa contraffazione grazie ad un rigoroso percorso di tracciabilità, anche in virtù del riconoscimento dell’erga omnes nel 2015.
Il Consorzio ha conseguito la Dop dopo un lungo iter: “E’ la nostra carne, e non la razza, occorre precisarlo, ad avere ottenuto questo prestigioso riconoscimento nel 2012, dopo un percorso iniziato nel 2000, grazie al sostegno dell’allora amministrazione provinciale di Siena e al lavoro intrapreso dall’Università di Firenze che aveva avviato uno studio su questa razza suina che agli inizi degli anni Ottanta era in serio rischio di estinzione, con pochissimi capi”, sottolinea il presidente.
I prossimi passi
Ora questo rischio esista più, perché il numero di esemplari raggiunti ne garantisce la sopravvivenza, il settore non risulta sufficientemente redditizio poiché assai limitato nelle quantità e per questo poco sostenibile economicamente. Partendo da questi presupposti, tra gli obiettivi del suo mandato, il presidente intende provare a far crescere il mercato della carne di cinta senese, che attualmente viene esportata soprattutto in Giappone e nell’Europa del Nord e che ha un volume d’affari che si aggira intorno ai 5 milioni di euro all’anno. “Oggi il 90% della carne viene trasformata in salumi, l’obiettivo è di abbassare la quota al 50%. Il resto dovrebbe essere rappresentato dalla carne di cinta senese”, puntualizza il presidente.
L’obiettivo è di arrivare entro un triennio da 4300 a 20.000 capi allevati con un giro di affari di 100 milioni di euro. “Questi numeri sarebbero sufficienti a creare un mercato solido. Le quantità attuali non ci consentono una reale continuità dal punto di vista economico, il valore del singolo maiale è sottostimato e non è abbastanza remunerativo (€3,5/4 + Iva è il costo per un chilogrammo di carne viva)”, conclude Baruffaldi.
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