Bellinzona e dintorni in Alto Ticino
di Informacibo
Ultima Modifica: 18/02/2013
Nei grotti, nelle osterie e nei canvetti (ambienti rustici e semplici, di stile e carattere ticinese) vengono serviti principalmente piatti nostrani che valorizzano i prodotti di questa terra che difficilmente si possono degustare altrove. Spettacolari terrazze di viti, pendii baciati dal sole e varietà di uve, fanno del vino svizzero qualcosa di particolare.
di Mariella Belloni foto by Giulio Ziletti
Canton Ticino: L’arte del buon gusto: un mix affascinante d’Italia e Svizzera, montagne e laghi, natura e arte, villaggi da fiaba fermi nel tempo e città cosmopolite dove vivere più intensamente. Il Ticino fonde insieme la calda solarità mediterranea, divertente e stravagante, e l’algida eleganza svizzera, impeccabile ed efficiente. La sua bellezza naturale, la diversità dei suoi paesaggi, il clima mediterraneo, la sua ricchezza culturale e l’offerta variegata di attività ricreative fanno del Ticino una delle mete turistiche più popolari della Svizzera.
Ancora una volta il tour organizzato da Vinità by Cristina Thompson e da Francesco Tettamanti, enologo, direttore dell’Interprofessione e di Ticinowine, ci ha portato al piacere di scoprire i vini e la gastronomia ticinese.
Prima tappa a Giubiasco, comune svizzero nel distretto di Bellinzona di circa 8.000 abitanti che si trova nel Sopraceneri. Il Passo del Monte Ceneri (554 m s.l.m.) è un valico alpino che divide il Canton Ticino nelle due principali regioni, quella settentrionale il Sopraceneri, e quella meridionale il Sottoceneri. Dal punto di vista orografico il passo separa le Prealpi Varesine (ad ovest) dalle Prealpi Comasche (ad est). Il passo è facilmente, valicabile percorrendo la strada cantonale mentre l’autostrada e la linea ferroviaria del San Gottardo lo attraversano con un tunnel.Le due regioni sono molto diverse oltre che per cultura e tradizioni anche perchè la natura dei terreni è differente – come ci ha spiegato Tettamanti, nel Sopraceneri, la roccia sulla quale si è formato il suolo é di origine cristallina con granito e gneiss con terreni piuttosto acidi mentre nel Sottoceneri i suoli sono più ricchi di argilla quindi di struttura più pesante con buoni livelli di fertilità. Tali differenze incidono notevolmente, sul tipo di vino prodotto la cui storia riflette, naturalmente, le origini del territorio.
E’ qui che inizia il nostro percorso enogastronomico con la visita alla fabbrica di cioccolato Stella. L’azienda è specializzata nella produzione di cioccolato di alta qualità, assolutamente paragonabile a quella dei marchi svizzeri più conosciuti a livello internazionale. Tuttavia mantiene una marcia in più con prodotti di nicchia e biologici presenti sul mercato con i marchi della Chocolat Stella come pure con quelli dei vari clienti (Private Label) tra cui ci dicono anche la ‘EsseLunga ne faccia parte. La visita è interessantissima e comprende tutte le fasi della lavorazione che vanno dalla pre-raffinazione alla raffinazione vera e propria, al concaggio, al temperaggio, al modellaggio, al colaggio a forme e all’incarto.
Fondata nel 1928 da Achille Vannotti come azienda familiare, Chocolat Stella SA viene assorbita nel 1980 dalla Chocolat Bernrain AG di Kreuzlingen e nel 1988 si trasferisce a Giubiasco. Nel 1994, quale prima industria alimentare in Ticino, Chocolat Stella Sa ottiene la certificazione di qualità secondo le norme ISO 9001/EN 29 001 e secondo le norme inglesi BRC. Al termine della visita, come si suol dire…‘dal produttore al consumatore..’ ci viene permesso di assaggiare i vari prodotti dell’azienda che vanno dal cioccolato biologico, a quello funzionale (con l’aggiunta di vitamine) al tradizionale, al dietetico, a quello con l’amaretto, con il ginger, con l’arancio, il peperoncino, il melograno, con il pane ticinese e, chi più ne ha, più ne metta. Insomma un trionfo di gusti, di sapori e di profumi.
A seguire una visita, sempre a Giubiasco dell’omonima Cantina di Adriano Petralli amico e compagno di scuola di Francesco Tettamanti.
Fondata nel 1929, la Cantina di Giubiasco sorge nel cuore di una pregiata regione viticola collinare. Qui storia e tradizione hanno lasciato la loro impronta sul territorio: ne sono una testimonianza i castelli di Bellinzona, dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. I nostri vini raccontano la storia della loro terra di origine” – ha affermato con orgoglio Adriano Petralli -parlando dei suoi vini e del merlot vinificato in bianco di cui si definisce “il padre adottivo”.
Con le uve selezionate, di oltre 450 viticoltori, la Cantina di Giubiasco vinifica all’incirca un decimo dell’intera produzione del Ticino. Da molti decenni la Cantina conduce un’accurata valorizzazione di vecchi vigneti collinari situati in diversi Comuni che circondano la capitale Bellinzona, con le sue mirabili fortificazioni medioevali, i castelli, le mura merlate e le torri. La cura dei vigneti di collina contribuisce alla conservazione dell’ambiente ed al mantenimento di un bene paesaggistico di grande pregio. E’ in questo territorio che dal vitigno Merlot, coltivato da oltre un secolo, nascono vini davvero unici, apprezzati da tutti gli estimatori. La quasi totalità dell’uva ritirata dalla Cantina proviene dai distretti di Bellinzona e Locarno. Valorizza principalmente una viticoltura di tipo tradizionale, costituita da piccole e medie parcelle situate in zona collinare.
Con le uve pregiate Merlot, le quali rappresentano il principale vitigno vinificato dalla Cantina, si producono vino bianco, rosato e rosso. Ci vengono proposti per l’assaggio un Bucaneve 2012 , “Blanc de noir” ottenuto da una soffice separazione buccia/mosto. Il Bucaneve è l’antesignano e il riferimento della diffusione in Ticino di una tecnica innovativa e vincente, un vino molto profumato; uno Chardonnay che passa 12 mesi nei legni, un vino di nicchia molto particolare, un Rosso Riserva 2010, l’unico che nella Cantina ha l’onore del passaggio nelle botti grandi e infine un Camorino Merlot 2009 affinato in barriques che potrebbe ancora invecchiare, tranquillamente, per almeno altri 5 anni senza nulla perdere. Longevi, evolvono mantenendo intatta la loro massima espressione.
Bellinzona: Tradizione & Modernità al centro del Ticino
Un tempo definita chiave delle Alpi, per la sua posizione strategica dal punto di vista commerciale e militare, oggi Bellinzona si conferma, con una giusta dose di modestia ma anche con la sua schiettezza, crocevia e centro del gusto, inteso soprattutto come convivialità e condivisione. Bellinzona e il suo contado hanno un rapporto spontaneo, naturale e quasi istintivo con i prodotti genuini e i sapori autentici.
Oggi si parla molto dei prodotti locali da valorizzare in contrapposizione al mercato globale standardizzato: comperare cibo locale è una delle nuove tendenze, quasi una moda, sostenuta, bisogna sottolinearlo, da motivi nobili e condivisibili: il prodotto locale offre maggiori garanzie di essere più sano e naturale, ha un gusto superiore, contribuisce a salvaguardare l’ambiente e la biodiversità agraria, sostiene le aziende a conduzione famigliare e crea coesione sociale. Tutte verità sacrosante che, anche in una regione come quella del bellinzonese, non costituiscono una novità: infatti, la ricerca e la valorizzazione di prodotti locali e genuini, da preparare con semplicità, dando la priorità ai sapori autentici, sono principi applicati, si può dire da sempre, da contadini, allevatori e cuochi professionisti e non, delle contrade. Non vanno neppure dimenticate la passione e la competenza dei numerosi viticoltori che con cura e costanza portano avanti una tradizione secolare: un ulteriore segnale di attaccamento alla terra che lo si ritrova nei vari nettari che puntualmente nascono anche nelle cantine più discrete.
In una giornata soleggiata, è stato un bel percorso, quello tra le mura dei Castelli di Bellinzona accompagnati da Paolo Germann, la nostra guida locale. I castelli di Bellinzona si annoverano fra le più mirabili testimonianze dell’architettura fortificata medievale dell’arco alpino. La configurazione odierna della chiusa bellinzonese, che ha le sue lontane origini in un nucleo preistorico sulla collina di Castelgrande, si deve sostanzialmente all’intensa e complessa attività edilizia promossa dai duchi di Milano nel quattrocento. Rimonta a quell’epoca la costruzione di un possente impianto difensivo che sbarrava la valle del Ticino in tutta la sua larghezza per arrestare l’avanzata dei confederati svizzeri. Ancora oggi queste fortificazioni, dichiarate nel 2000 dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, con le loro mura merlate, le torri e le porte, non cessano di destare meraviglia.
Bellinzona capitale del Canton Ticino e capoluogo del distretto omonimo conta 18.008 abitanti, mentre l’agglomerato e distretto conta oltre 48.000 abitanti. La città è attraversata da nord e in direzione ovest, marginalmente rispetto al centro cittadino, dal fiume Ticino che un tempo ci racconta la nostra guida esondava parecchio tanto da rendere insalubre e malarica la zona. Incerta è l’etimologia del nome anche se certamente – afferma Paolo Germann -, di chiari origini celtiche. La città è sempre, stata un importante punto di passaggio, infatti da qui si diramano le principali arterie stradali e autostradali sull’asse nord-sud verso i passi alpini del San Gottardo (o la galleria autostradale) del Lucomagno, del San Bernardino e della Novena.
Non ha senso parlare di Bellinzona senza ricordare, appunto i suoi castelli eccone, allora, alcuni brevi cenni raccontati dalla guida. Il primo insediamento umano sulla collina di Castelgrande, attestato durante gli scavi dal 1984-1985, risale al 5500/5000 a.C. (neolitico). Su questo primo insediamento, nel IV secolo d. C. si costruì la prima fortificazione accertata archeologicamente (scavi del 1967). Anche vari documenti del VI secolo ricordano l’esistenza di una struttura fortificata. Nel XIV secolo il castello è per la prima volta chiamato Castrum Magnum, Castel Grande. È il nome odierno, anche se durante l’occupazione svizzera venne chiamato d’Uri (1630) o di Altdorf, e nel 1818 Catello di S. Michele. Il complesso attualmente visibile risale nel suo insieme a varie epoche: ad un primo momento costruttivo, datato al XIII sec., si sovrappose una fase «milanese» (1473-1486), cui seguì un intervento di ripristino all’inizio del Seicento ed infine grandi interventi nell’Ottocento.
L’odierno aspetto è il risultato degli ultimi restauri (1984-1991), diretti dall’architetto Aurelio Galfetti. Da ricordare infine l’imponenza della Torre detta Bianca (1250-1350), alta 27 metri, e l’eleganza della Torre Nera (1310), alta 28 metri. La cinta merlata si suddivide in tre settori; da uno di essi si stacca la murata che scende fino in città. All’epoca dei Visconti scendeva fino al fiume Ticino; costruita verso la fine del XIV sec., fu potenziata dagli Sforza tra il 1486 e il1489, e distrutta in parte dalla «buzza di Biasca» nel 1515. Da questo castello la vista è bellissima. Ad esso si può arrivare salendo per ripidi viottoli, da piazza Collegiata, da piazza Nosetto e per una comoda strada partendo da via Orico. Dalla Piazzetta Della Valle si può inoltre salire al castello con il comodo ascensore. Quasi di fronte ma più in alto perchè situato sul colle di Montebello a una novantina di metri sopra il livello della città dominando dall’alto il Castelgrande,il Castello di Montebello. Da esso si dipartivano le mura che chiudevano l’antico borgo sino ad incontrare quelle che scendevano dal colle di S. Michele. Di queste mura, che proteggevano i fianchi del formidabile fortilizio a forma di triangolo, esistono ancora parte dei due rami.
Interessante è la murata venuta alla luce alcuni anni or sono in piazza del Sole, murata che sarà restaurata. Il primo nucleo interno di questo castello, restaurato a più riprese, risale al XIII/XIV sec. Sembra che sia stato eretto dai Rusconi che lo conservarono anche sotto il dominio dei Visconti. Le corti esterne con le torri e il rivellino furono costruiti nel XIV/XV sec. ed ebbero l’aspetto attuale per opera degli ingegneri sforzeschi nella seconda metà del XV sec. Anticamente era chiamato Castel Piccolo (1457-1472) o Castello di Montebello.
Durante l’occupazione svizzera fu chiamato Castello di Svitto e, dopo il 1818, di S. Martino. Diventato di proprietà della famiglia Ghiringhelli verso la fine del XVIII sec., fu acquistato dal Cantone nel 1903 in occasione del Centenario dell’Indipendenza ticinese.Ancora più in alto domina sulla pianura bellinzonese a 230 metri sopra il livello della città il Castello di Sasso Corbaro. Tipica fortezza sforzesca, le sue masse murarie sono ridotte all’essenzialità di una figura geometrica.
Nella corte quadrata chiusa tra alte muraglie s’innestano il mastio dalle possenti spalle che raggiungono i metri 4.70 di spessore, e la torre di vedetta. Venne costruito per ordine del duca di Milano nel 1479 in poco più di sei mesi di lavoro dopo la battaglia di Giornico. È opera dell’ingegnere Benedetto Ferrini di Firenze che morì di peste, il 10 ottobre dello stesso anno. Il suo nome deriva dal colle sul quale si erge; durante il dominio svizzero fu chiamato di Unterwalden, e nel 1818 di S. Barbara.
Dai bellinzonesi è detto anche Castello di Cima. Questo fortilizio, che fu innalzato per garantir meglio la chiusura della valle del Ticino, dopo il 1798, abbandonato a sè stesso, incominciò ad andare in rovina; si sarebbe ridotto ad un cumulo di macerie se agli inizi del 1870 il Cantone non l’avesse ceduto ad una società che intendeva trasformarlo in albergo, e, alcuni anni dopo, a tre famiglie bellinzonesi che lo trasformarono in residenza estiva.
Nel 1919 ritornò allo Stato che poi lo restaurò facendo ricostruire, tra l’altro, il rivellino, i portali d’ingresso, la seicentesca cappella e il pozzo. Vi si può salire per comode strade dal Castello di Montebello e da via Ospedale.
All’ombra dei castelli di Bellinzona ci si incontra e spesso volentieri gli incontri si concludono in un ritrovo pubblico davanti a un piatto di specialità nostrane.Grotti, tradizioni d’eccellenza per scoprire i piatti tipici di una cucina ancora autentica, per l’occasione affidata nelle mani della Scuola Superiore Alberghiera e del Turismo di Bellinzona (SSAT) diretta da Didier Werner. Quei locali rustici situati, di regola, in zone nascoste e ombreggiate, apprezzate dai ticinesi e dai turisti perché vi si può gustare una cucina ancora tipica. Un pranzo emozionante e gustoso nel grotto del Castelgrande, dove ci attendeva Gianluca Cantarelli – Direttore di Bellinzona Turismo – per farci gli onori di casa, che ci ha permesso di scoprire i prodotti di qualità con i quali gli chef hanno confezionato i piatti. Un trionfo delle carni e dei salumi, con la capacità di presentarli che invoglia il buongustaio all’assaggio.
Ambiente e piatti tipici, per godere di questo patrimonio nostrano come la salumeria della mazza casalinga, accompagnati da sottaceti. E ancora, brasato di manzo con polenta rossa, maialino al forno con patate rosolate e verdure di stagione e, dulcis in fundo, la torta fatta in casa conclude un pranzo che riconcilia con la vita stressante di tutti i giorni. Il tutto rallegrato con un buon Merlot. Un’occasione unica per poter scoprire quanto una terra generosa come questa, possa offrire in fatto di gastronomia d’eccellenza. Dopo aver contemplato la vista mozzafiato sulla città, dall’alto del Castel Grande, siamo scesi a piedi dai ripidi viottoli nel centro per ammirare la facciata della Chiesa della Collegiata, un bell’edificio religioso rinascimentale con inserti barocchi, sede della parrocchia della città ticinese. La visita è terminata nello splendido cortile del Palazzo del Comune che è veramente un frammento di medioevo in Bellinzona, proprio come lo ha definito la nostra guida.
Dopo una buona dose di storia locale, di arte e di cultura alimentare: dal piatto al bicchiere, il passo è veloce e gradito. Per continuare nel piacere di “perdersi” in cantina per scoprire e degustare i vini della migliore tradizione locale, a conclusione del nostro tour enogastronomico, l’ultima tappa della giornata è stata la visita all’Azienda Vitivinicola “Mondò” a Sementina. A gestione familiare e vera tradizione per la coltivazione della vigna per proporre vini originali e piacevoli, promotori della regione viticola di Sementina e dintorni, i 6 ettari dell”azienda vengono gestiti da Giorgio Rossi un ingegnere civile prestato, ormai, alla viticoltura eroica e dal di lui fratello con l’ausilio di altre due persone (sono 4 in tutto).Da Giorgio abbiamo assaggiato un Bondola del “Nonu Mario Ticino Doc 2009, un rosso interessante (che puo’ essere vinificato anche in rosè) semplice da intepretare e che al padrone di casa evoca alla memoria “i profumi dell’uva pigiata con i piedi durante l’infanzia”. Il vitigno – ci ha raccontato Giorgio – era, ai tempi, diffuso soprattutto nel Sopraceneri e in seguito abbandonato con l’affermazione del Merlot .
Attualmente è stato riscoperto, giustamente, anche dall’Azienda Mondò convinta di valorizzare un prodotto autoctono che grazie alle nuove tecniche di microvinificazione è più facile da vinificare rispetto ad un tempo quando per via della volatilità riservava qualche brutta sorpresa. A seguire un “Scintilla” Merlot in purezza 2010 dalle fragranze di frutta secca e mora tipica di questo vino, con accentuata e marcata mineralità. Da ultimo un Ronco dei Ciliegi Riserva 2009, un assemblaggio di Merlot e Cabernet che passa 12 mesi nelle” barriques”, cavallo di battaglia dell’azienda” – ci ha spiegato Giorgio che gli ricorda “le vacanze trascorse con il nonno, appunto, al Pian da la Sceresa” da cui il nome. Un vino dal colore porpora, dal bouquet intenso e dal gusto corposo e denso, concentrato di bacche rosse e leggere note tostate adatto all’invecchiamento.
Provare e assaporare per credere!
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