“gli agrumi”, quindicesimo titolo di “Coltura&Cultura”: un successo editoriale di Bayer CropScience
di Informacibo
Ultima Modifica: 06/12/2013
di Mariella Belloni
Catania, 6 dicembre 2013 – La prestigiosa Aula Magna dell’Università degli Studi di Catania, ha ospitato, lo scorso 29 novembre, la presentazione de “gli agrumi”, quindicesimo e ultimo titolo di “Coltura&Cultura”, un successo editoriale di Bayer CropScience.
Dietro la parola agrumi si cela un mondo vastissimo fatto di oltre 200 specie, che comprendono alcuni tra i prodotti alimentari freschi o trasformati più diffusi e consumati a livello mondiale. L’Italia è il 4° produttore di agrumi al mondo e la Sicilia detiene il primato sul territorio nazionale con oltre il 55% della superficie agrumicola totale.
Il volume “gli agrumi” è il frutto del lavoro di 63 autori, sotto il coordinamento scientifico dei professori Paolo Inglese e Eugenio Tribulato, membri dell’Accademia dei Geogofili. Attraverso un approccio interdisciplinare, “gli agrumi”” raccoglie insieme con rigore scientifico, linguaggio semplice e una ricca iconografia le conoscenze disponibili su questa filiera strategica per il nostro Paese.
“Abbiamo cercato di “fare squadra” con i migliori esperti del grande mondo degli agrumi per fare apprezzare a tecnici e meno tecnici le innumerevoli tipologie di agrumi e le peculiarità della coltivazione e delle diverse specie – ha dichiarato Tribulato, Università degli Studi di Catania – e per trasmettere quanta ricerca e tecnologia stia dietro la variegata offerta di frutti freschi, di succhi e spremute, di prodotti alimentari, farmaceutici e cosmetici a base di agrumi”. “Ogni agrume è stato testimone di epoche diverse e di grandi civiltà, protagonista delle arti e delle lettere, oltre che dei mercati e della gastronomia – ha aggiunto Inglese, Università degli Studi di Palermo – per non parlare del contributo delle coltivazioni di aranci, limoni e clementine ai paesaggi italiani, con evidenti risvolti sociali che hanno garantito lo sviluppo economico di territori altrimenti marginali, o della fortuna dell’agrumicoltura ornamentale di fattura tutta italiana”.
“E’ stato un piacere per noi di Bayer CropScience sostenere la realizzazione di quest’opera sugli agrumi, per i quali proponiamo prodotti chimici e biologici per la difesa integrata, in controtendenza con la riduzione degli agrofarmaci a disposizione degli agrumicoltori italiani – ha affermato Paola Sidoti, responsabile Business & Marketing Communications di Bayer CropScience in Italia -”Un vivo ringraziamento va agli autori e un grazie particolare ai due coordinatori scientifici per avere creduto in questa impresa unica nel suo genere e trasmesso agli altri autori, diversi per origine, ruolo ed esperienze, la giusta motivazione e la voglia di comunicare l’agricoltura in un modo nuovo. Il volume è uno strumento che coglie il vissuto positivo dei consumatori verso gli agrumi e che può contribuire a migliorare la capacità competitiva della produzione italiana. Questo libro è un elogio a coltivazioni bellissime e dai buonissimi frutti – ha concluso Sidoti – per fare cultura degli agrumi a 360° e premiare tutti gli agrumicoltori, a cominciare dai siciliani, avvicinando a questo mondo tecnici e appassionati che vogliono sapere come nasce un agrume, una spremuta o un grande profumo”.
Bayer CropScience in occasione della presentazione del volume “gli agrumi”, ha organizzato una visita presso il Consorzio APAL (Associazione produttori agricoli lentinesi), una OP di Carlentini, in provincia di Siracusa.” APAL riunisce un centinaio di agrumicoltori e frutticoltori che, su circa 1.000 ettari, producono 20.000 tonnellate tra arance rosse e bionde, limoni, mandarini, clementine. I soci coltivano anche pesche, nettarine, albicocche. “In questo modo la struttura lavora per 10 mesi all’anno ottimizzando i costi – ha spiegato il vicepresidente Salvatore Scrofani, figlio del fondatore Filadelfo. La produzione di agrumi delle aziende associate – quasi totalmente integrata e biologica – viene lavorata nello stabilimento di Carlentini, dove sono presenti impianti di selezione, controllo, frigoconservazione e stoccaggio dei prodotti. APAL OP garantisce il trasporto e la consegna della merce con tempi che vanno dalle 24-36 ore per l’Italia del nord alle 48 ore per il nord Europa. Principale cliente della OP è la Grande distribuzione organizzata nazionale ed estera. “Il mercato nazionale è in crisi – ha dichiarato Scrofani – ma non tanto per una crisi dei consumi ma perché c’è troppo prodotto d’importazione. La grande distribuzione rimane ancora interessata più al prodotto e al prezzo rispetto alla provenienza”. Il core business si concentra principalmente su tre varietà di arance rosse: Tarocco, che con i cloni tardivi arriva sul mercato fino a maggio, Moro, che si commercializza da fine dicembre, e Sanguinello, con cui si chiude la stagione. Il resto è rappresentato da pesche, nettarine e albicocche.
Il mercato globale
Parlare di agrumi significa parlare di continenti: è proprio così, perché la coltura degli agrumi interessa un gran numero di paesi. I principali produttori sono l’Italia, la Spagna, la Grecia, la Turchia, il Marocco, l’Egitto, la Tunisia, Israele, il Sud Africa, l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti.
Il volume complessivo degli agrumi a livello mondiale negli ultimi anni ha raggiunto il ragguardevole traguardo di 121 milioni di tonnellate, con una crescita del 16% rispetto ad un decennio fa; le arance (68 milioni di tonnellate) rappresentano quasi il 56,2%, i piccoli agrumi quali mandarini, clementine, tangerini (21,2 milioni di tonnellate), il 17,5%, limoni e lime (13,9 milioni di tonnellate), l’11,5% e le altre specie (17,9 milioni di tonnellate) il rimanente 14,8%.
La produzione agrumicola alimenta un fiorente commercio internazionale, sia come frutto fresco sia come derivati, principalmente succhi e spremute. Interessante notare le differenze di destinazione della produzione tra i diversi Paesi: in alcuni il mercato interno assume notevole rilievo (Italia, Turchia, Tunisia, Argentina), in altri l’esportazione è prevalente o ha perso non molto dissimile dal mercato interno (Spagna, Marocco, Egitto, Sud africa, Marocco), in altri ancora, invece, l’industria dei derivati assolve un ruolo fondamentale e significativo (Brasile, Stati Uniti, Argentina, Italia). Infine vi sono Paesi nei quali si rileva un certo equilibrio tra le diverse destinazioni (Israele, Grecia e in parte Argentina). L’Italia è il 4° produttore di agrumi a livello mondiale e contribuisce alla ricchezza del nostro paese con un valore delle proprie produzioni, ai prezzi di base, che si attesta intorno a 1,4 miliardi di euro, incidendo per poco meno di un terzo sul valore complessivo della produzione di frutta, mentre il volume di affari dell’industria della trasformazione ortofrutticola si aggira intorno ad 1,1 miliardi di euro che corrisponde all’1% del fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano. In Italia, le superfici ad agrumi si attestano intorno ai 170.000 ettari, con una netta preponderanza di quelle arancicole (60%), seguite a notevole distanza dai “piccoli agrumi”, clementine e mandarini (22,2%), dai limoni (16,2%) e dalle “altre” (bergamotto, pompelmo ecc..) (1,1%). Riguardo alla distribuzione geografica, la Sicilia assume saldamente il ruolo di leader nazionale (55,8%) con quasi 95.000 ettari coltivati, seguita a notevole distanza dalla Calabria (25,6%) con poco più di 43.000 ettari investiti. Meno sviluppata l’agrumicoltura in Puglia (6,6%) con poco più di 11.000 ettari, in Sardegna ($,8%) e in Basilicata (4,7%), dove si coltivano circa 8000 ettari. La Campania (2%) si colloca al sesto posto con oltre 3000 ettari. Residuale l’agrumicoltura nelle altre regioni d’Italia (0,6%), con meno di 1000 ettari di coltivazione. In Italia gli agrumi godono di un’immagine di elevata valenza salutistica. Il consumo di arance, in particolar modo, costituisce una voce importante del commercio di frutta fresca, che viene dopo banane, mele, pesche e pere, ma che, se sommata agli altri agrumi (mandarini, limoni, pompelmi), conta per il 15-17% del venduto totale nel canale super + ipermercati. Se a ciò si aggiunge che la loro stagionalità ne restringe gli acquisti nel corso dell’anno, si può dedurre come il loro peso sia strategico e destinato ad aumentare nel tempo. All’Italia inoltre va il primato delle produzioni cosiddette “tipiche”, dop e IGP. Su 19 tipologie di agrumi riconosciute nel mondo, ben 12 denominazioni ricadono nel nostro Paese.
Il mondo degli Agrumi è talmente vasto e articolato che ogni suo aspetto, culturale e colturale, potrebbe essere, da solo, oggetto di un intero volume. Si tratta, infatti, non solo di alcuni dei prodotti alimentari, in particolare le arance e i loro derivati, più diffusi e consumati a livello mondiale, ma di frutti, come il cedro, che hanno accompagnato lo sviluppo dell’agricoltura sin dagli albori della civiltà indoeuropea, a Babilonia, 6000 anni orsono, fino a diventare parte importante della prima grande religione monoteista, l’ebraismo.
Ogni agrume è, infatti, testimone di epoche e di grandi civiltà e dovunque essi siano stati coltivati hanno sempre suscitato meraviglia tale da essere divenuti rapidamente protagonisti delle lettere e delle arti, oltre che dei mercati e della gastronomia. Così, l’arancio è il simbolo stesso della civiltà islamica europea, diffusa nella Sicilia arabo-normanna e in Andalusia a cavallo dell’anno mille e nei secoli successivi. Simbolo di sapienza agronomica e, nello stesso tempo, di diletto. Ma gli agrumi diventano, poi, in qualche modo, protagonisti del Rinascimento italiano, e, in particolare, della bellezza delle Ville Medicee, che ne sono simbolo imperituro.
L’idea stessa del paesaggio italiano, come luogo di eterna primavera, reso immortale da Botticelli, con il boschetto di agrumi che la rappresenta, fa sviluppare, in tutte le grandi corti europee la moda, se non la necessità, delle orangeries, la cui tradizione, seppur in altro modo, continua oggi con la fortuna dell’agrumicoltura ornamentale di fattura italiana.
Stessa sorte tocca al limone, senza il quale il paesaggio della Costa Amalfitana non potrebbe immaginarsi e che nel XIX secolo dalla Sicilia raggiunse i mercati di tutto il mondo, quando alla navigazione a vela fece seguito quella a vapore. E, ancora, il mandarino, che conquistò la Conca d’Oro palermitana nel XIX secolo e del clementine capace di cambiare il volto della piana di Sibari e dell’arco ionico tarantino, dando luogo, negli ultimi decenni del XX secolo, a un sistema colturale utile a garantire sviluppo economico in territori fino ad allora marginali.
Per non parlare, poi, di alcune specificità, tutte italiane, anzi, calabresi, come la coltivazione del cedro e del bergamotto, i cui prodotti, per ragioni affatto diverse sono comuni a larga parte del mondo, anche se purtroppo, poco del loro valore aggiunto rimane nel nostro Paese o, almeno, nei luoghi di coltivazione. Abbiamo, volentieri accolto l’invito di coordinare questo volume, che non poteva mancare nella Collana Coltura&Cultura di Bayer CropScience. Lo abbiamo fatto immaginando un percorso articolato, tra scienza e arte, in più di 50 capitoli, ma coerente con lo stile e la ragion d’essere della Collana. Abbiamo chiamato a collaborare con noi oltre 60 Autori, tutti nomi di rilievo assoluto nel mondo degli agrumi e in quelli comunque ad esso legati.
Il nostro obiettivo, che ci auguriamo sia condiviso dal Lettore, è stato quello di aver ancorato la divulgazione alle solide radici della ricerca scientifica. Abbiamo voluto fornire al lettore informazioni chiare, ricche di particolari, a volte anche di aneddoti, capaci, fin dove possibile, anche nella scelta delle immagini, di compendiare il rigore della ricerca con la vivacità dell’informazione; rispecchiando, in definitiva, i valori propri del giardino di agrumi come luogo “fruttifero e dilettevole”, dove scienza e arte si fondono.
E' un atto di fiducia verso un mondo che tanto ha dato alla cultura del nostro Paese e tanto ha contribuito alla sua bellezza, certi di poter continuare ad affermare, con Stendhal, che “C’è proprio un Paese dove gli aranci crescono in piena terra? Chiedevo alla zia e avendo spiegato la zia Elisabeth che c’era questo Paese e si chiamava Italia…”. (Eugenio Tribulato & Paolo Inglese)
In occasione della presentazione catanese del volume, nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni di Bayer, si è tenuto nella chiesa di San Nicolò l’Arena il recital per violino e piano del Maestro Matteo Fedeli che ha suonato il prezioso violino Antonio Stradivari 1715 “ex Bazzini”.
Il Barocco Catanese
La Piana di Catania, la più vasta pianura siciliana, grazie alla fertilità del terreno e ricchezza di acque, vanta fiorenti colture di agrumi e vite. La costa offre paesaggi di grande fascino, quali le spiagge laviche sul mar Ionio da Catania a Riposto, scogliere di notevole altezza, faraglioni e grotte marine, zone di lussureggiante vegetazione mediterranea, e incantevoli borghi pescherecci come Santa Maria La Scala.
La città di Catania è principalmente nota grazie alla vicinanza estrema con il più grande vulcano europeo ancora attivo, l’Etna, che ha sempre giocato un ruolo preponderante nella storia cittadina.
Catania appare oggi al visitatore accorto come una città nuova. Dal punto di vista urbanistico e architettonico, il 1693 è il suo anno di nascita. Le strade larghe e dritte, dalla maglia ad angoli retti; i palazzi e le chiese uniformi per stile, decorazioni e materiali; l’impiego coerente della lava nera e della pietra calcarea chiara; l’impianto scenografico di luoghi come la piazza del Duomo: tutto fa pensare ad un progetto organico, e dà un senso preciso alla definizione di barocco catanese. Eppure, non solo la ricostruzione prese lo spazio di diverse decine d’anni, ma moltissimi edifici vennero rimaneggiati, sopraelevati, completati, ancora ai primi dell’Ottocento.
La città va ricordata anche per aver dato i natali a personalità illustri per la musica e la letteratura, come Vincenzo Bellini e Giovanni Verga.
La cucina catanese va ricordata innanzitutto per il forte stimolo che riceve dalla fiorente attività agricola locale e per la vera specialità locale, le pizze e le “scacciate”. La notevole vicinanza col mare, poi, ha favorito lo sviluppo della cucina a base di pesce che qui ha una lunga e fiorente tradizione che prevede, tra l’altro, anche numerose pietanze a base di mascolino.
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