Expo 2015: il vino meneghino. - InformaCibo

Expo 2015: il vino meneghino.

di Informacibo

Ultima Modifica: 17/04/2015

Inaspettatamente tra la pianura lodigiana e la bassa pavese si eleva la collina di San Colombano, una minuscola enclave del Comune di Milano. E’ la parte collinare del basso milanese interamente coltivata a vigneti che si estendono a semicerchio intorno a questo borgo che deve il suo nome all’Abbazia medioevale di Bobbio di San Colombano.  E’ un luogo piacevole, ameno, rilassante. Le ricorrenze riportano alla mente il mondo contadino e la sua gente è orgogliosa delle proprie radici e delle proprie celebrazioni: la Festa delle Ciliegie e delle Erbe, dei Piselli, le Fiere Agricole di Primavera, il palio de “Il Guidardone”, la Festa dell’Uva durante la quale il vino e  l’uva rendono maestosi i carri allegorici che percorrono le contrade.
 
Il vino meneghino porta il nome di questa incantevole località:  “San Colombano Doc” ed ha l’obbiettivo ambizioso di  raggiungere una classe enologica sempre più selezionata. Da sempre i vignaioli sanno che la strada del vino è lunga e faticosa, comprende esperienza, dedizione, scienza, tecnica, tradizione e passione.  
 
Il Consorzio Volontario Vini DOC San Colombano è stato fondato nel 1987,  riunisce diciotto aziende che coprono i 129 ettari di vigneti, la superficie tutelata iscritta all’albo, con una produzione complessiva annua di circa 121 mila bottiglie.
Il rosso viene prodotto con 30-50% di uva Croatina, 25-50% di uva Barbera, 15% max di Uva Rara, con possibilità di piccole aggiunte provenienti dai vigneti limitrofi. Il Bianco è ottenuto da uve Chardonnay con l’aggiunta di minime quantità di Pinot Nero. Questi vini si contraddistinguono per l’intensità del colore, struttura e note olfattive, eleganza, freschezza e stabilità nell’invecchiamento.
 
Per rinsaldare le radici con Milano sotto il simbolo di EXPO 2015, sulle etichette dei vini prodotti dal Consorzio, figurano le porte storiche della città, dall’Arco della Pace a Porta Ticinese, da Porta Volta a porta Romana, Porta Venezia, Porta Nuova e Porta Pusterla, immagini reperite presso la Civica Raccolta Bertarelli. La presentazione a Expo racchiude un alone di cultura e storia che si manifesta in un ottimo nettare  ad alto livello qualitativo per soddisfare acquirenti sempre più esigenti.
 
Lo scorrere del tempo macina scelte, idee, rapporti. I valori di un territorio arrivano da lontano, la terra viene lavorata, coltivata, modernizzata, ma il germoglio della vite è sempre lì ed occhieggia ad ogni primavera, verde, rampante, pieno di vigore e ti fa intravedere i futuri grappoli e i calici di buon vino. La coltivazione della vite e la produzione del vino a San Colombano è da secoli una prerogativa del colle e degli abitanti. L’imperatore Corrado I menziona queste vigne già nel 918 nel “privilegio Conae”, ma è nel periodo visconteo che sono più precisi i documenti che testimoniano lo sviluppo della vitivinicoltura. Una vera colonizzazione del nostro colle si evince da un “diploma” del 19 novembre 1371, anno in cui si dette inizio alla bonifica di queste terre. Il nettare è anche decantato in un sonetto di Filiberto Villani (1658-1708) “ambra sembra al colore, al miele ha pari – la dolcezza e vernaccia il volgo  chiama il cui dal caldo sol grappolo adusto, ambra sembra al color, nettare al gusto”.  Il vino è la bevanda della socievolezza, capace di trasformare un modesto pasto in una festa.  
 
I vini ”San Colombano Doc”, rosso, bianco e rosso riserva, esaltano i piatti di salumi e formaggi.  Salumi come i verzini, cacciatorini, salame di filzetta e salame Milano a grana fine preparato con carni di bovino e suino. Ricchissima è la gastronomia del territorio che va dalle indiscusse specialità meneghine quali il panettone e il risotto per sfociare nella polenta, i tortelli, la trippa, il cappone col ripieno alle noci, l’oca arrosto, la carpa e l’anguilla in umido, gli ossibuchi, la cassoeula. Ottimi i formaggi: un lungo percorso che va dal grana lodigiano al mascarpone, il pannerone, il quartirolo. Tradizionali dolci come la tortionata, la torta paradiso, la sbrisolona, i biscotti, i calissoni , gli amaretti, dolci arricchiti dalla raffinatezza dello zabaglione e dalla charlotte di mele.
La collina “Banina” è l’unica area vitivinicola della provincia di Milano, fiore all’occhiello della città ed offre ai visitatori un ambiente suggestivo che unisce la bellezza del paesaggio ai vari siti storici, come il castello longobardo di Belgioioso, fondato dal Duca Gian Galeazzo II alla metà del XIV secolo che all’epoca, grazie all’amenità del luogo veniva definito “zoioso”. Ai piedi della collina, la serenità e pace di un parco dai quali emerge il torrione di ingresso del castello  fatto costruire nel 1164 da Federico I°, proprio il Barbarossa, ricco di alberi secolari dove è bello sostare, rallegrati dal  cinguettio degli uccelli.
 
 E’ tra questo percorso di circa 60 chilometri che si snoda la “Strada del Vino San Colombano e Sapori Lodigiani”.  Lungo il percorso ho visitato più di una cantina, dove  ho potuto riempire le narici dell’olfatto del vino realizzando che i miei pensieri correvano più felici e veloci. In un così piccolo territorio,  da non dimenticare le Fonti Minerali Gerette, aperte al pubblico dal 1926,  terme con acque dalle caratteristiche marine note per le malattie dell’apparato gastroenterico.
 
Passando attraverso la storia e la tradizione, il presente si rafforza per affrontare un futuro di qualità che porterà in zona, oltre al vino ed alla gastronomia, altri componenti come la ricreazione sportiva e turistica, i riferimenti culturali legati al territorio, il parco agricolo, il museo della vite e del vino, le rievocazioni storiche, il rinnovarsi delle fiere agricole.  
 
Nel libro di Gianni Brera “Il doc San Colombano”, Giancarlo Rugginenti scrive:  “ All’origine c’è la vigna. L’uomo ha ben compreso i vantaggi che se ne possono trarre. Ha capito che il ceppo seppure nobilissimo non basta. E’ necessaria l’acqua, né troppa né poca, in un terreno che sappia conservare nelle sue profondità, vitigni adatti, un clima buono. Se a queste cose si aggiungono molto lavoro e  molto amore, la pratica può essere considerata una delle “belle arti”. “
 
Se ami qualcuno accompagnalo a San Colombano.
 

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Capo Redattore