Eurocarne a Verona in programma dal 10 al 13 maggio 2015
di Informacibo
Ultima Modifica: 10/06/2014
Verona, giugno 2014. Tito Tortini, presidente del consorzio di tutela del Culatello di Zibello Dop, chiede di proteggere il proprio nome, per evitare che il consumatore si confonda su un nome che generico non è e che non può essere utilizzato in maniera libera.
«Non mi riferisco però alla protezione del Culatello di Zibello – avverte Tortini – perché per quello c’è un disciplinare di produzione e c’è un marchio europeo che ci difende, o almeno dovrebbe farlo, dalle imitazioni. Purtroppo il fenomeno che si sta verificando è ancora più subdolo».
Quale sarebbe, presidente Tortini?
«L’invasione sul mercato di culatte, commercializzate spesso col nome di culatello con cotenna. Un prodotto che si presenta bene al taglio, non posso dire che non sia buono, ci mancherebbe, ma non ha nulla a che vedere con il Culatello di Zibello Dop. Difatti, anche a valore, costa meno della metà, ma ha un’altra lavorazione, molto più industriale, con suini che provengono talvolta anche dall’estero. Manca la cura artigianale che mettiamo noi 22 soci del consorzio di tutela, è un prodotto che non fa cantina e che non è nemmeno lontanamente nostro parente».
Se non nel nome…
«Purtroppo. È questo il problema, non ne possiamo più di una proliferazione di prodotti che utilizzano il nome di culatello come specchietto per le allodole: salame di culatello, lardo di culatello, pepita di culatello, culatta con cotenna».
Facile confondersi, dice?
«Noi della zona di Parma non ci caschiamo, ma gli altri? Sono tutti consapevoli del fatto che stanno acquistando un prodotto che non ha nulla a che vedere con il Culatello di Zibello Dop?».
Quale soluzione propone?
«Abbiamo sollecitato il ministero delle Politiche agricole e lo ha fatto anche l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, affinché si ponga fine all’utilizzo di un nome come culatello, che riteniamo debba identificare una parte anatomica del maiale ben definita. Poi una cosa sono il disciplinare e il marchio Dop, un’altra il nome di culatello, che tuttavia deve trovare una definizione precisa, puntuale e riconoscibile all’interno del cosiddetto decreto salumi. Così solo chi utilizza una determinata parte anatomica del suino potrà usare il termine culatello, così come solo chi fa parte di una ben definita area, utilizza determinati suini con una provenienza specifica e si attiene al disciplinare del nostro consorzio potrà fregiarsi del marchio Dop. Non possiamo più tollerare la volgarizzazione del nome e ci aspettiamo una presa di posizione da parte dei tre ministeri coinvolti: quello delle Politiche agricole, della Salute e dello Sviluppo economico».
Il Consorzio del Culatello di Zibello Dop quanto fattura?
«Come ente di tutela preleviamo 1,10 euro per singolo culatello certificato prodotto e li usiamo per finalità promozionali, di tutela, istituzionali. Come Consorzio non facciamo attività di acquisto e vendita dei salumi, a quello ci pensano le aziende».
Qual è la vostra produzione?
«Le 22 aziende socie del consorzio producono poco meno di 50mila pezzi. Abbiamo avuto un crollo verticale dal 2012, quando siamo arrivati a produrne oltre 70mila rispetto all’anno precedente, quando eravamo intorno ai 50mila».
Come mai questi sbalzi?
«Nell’accelerazione che abbiamo impresso alla produzione siamo stati troppo ottimisti. Non ci siamo resi conto che la crisi ha colpito anche noi ed è per questo che poi abbiamo compresso i volumi, ritornando sui 50mila culatelli. D’altronde la recessione ha colpito un po’ tutti e non ha risparmiato un prodotto di alta qualità come il nostro, che non è a buon mercato e che tradizionalmente trova un canale di commercializzazione forte nel cosiddetto regalo».
Cioè?
«Il 30 per cento circa dei culatelli veniva regalato a Natale. Con la crisi, soprattutto nell’ultimo anno, non è quasi più così. Il contraccolpo è stato enorme e ritengo sia stato questo il motivo principale che ha portato alla contrazione delle produzioni. D’altronde c’è ancora molto magazzino e un culatello quando arriva ai 36 mesi di stagionatura comincia ad essere al limite».
L’export non è per voi una valvola di sfogo?
«Esportiamo una piccola percentuale. Non abbiamo dati ufficiali, ma ritengo che la media sia intorno al 3-4 per cento della produzione totale. Arriviamo in Europa e in molti altri Paesi, dal Canada all’Australia, dal Giappone a Hong Kong. Ma il culatello è un salume delicato, di difficile gestione, serve una certa cultura per poterlo proporre e per poterlo apprezzare».
Va molto bene, fra i salumi, il pre-affettato in vaschetta. È così anche per il Culatello di Zibello Dop?
«No, è stata una grossa delusione. Siamo riusciti come Consorzio ad ottenere la possibilità di affettare e mi attendevo risultati positivi, invece non è stato così. Forse perché, se è pur vero che il pre-affettato è in aumento, si tratta di un trend che riguarda in modo quasi esclusivo la grande distribuzione organizzata, che privilegia una politica sui prezzi. Il Culatello di Zibello Dop si rivolge prioritariamente alle gastronomie, alle salumerie, a target molto più specializzati e di livello superiore. Che però comprano il prodotto intero e non pre-affettato. Pensavo invece che l’operazione potesse avere successo con i ristoranti, dove per alcuni può essere impegnativo acquistare un culatello di quattro chilogrammi. Invece mi sbagliavo, forse dovremmo divulgare di più questa opportunità ai ristoratori».
Cosa fare per far riprendere i consumi?
«Dovrebbe riprendere il treno-Italia, ma non vedo la ripresa così vicina. Dovremmo avvicinarci di più, per la tipologia di prodotto che abbiamo, a operatori qualificati. Il consumatore generico si approccia a noi finché è gratis».
Eurocarne il prossimo anno per la prima volta si avvicinerà alla filiera completa del settore carneo. La ritiene un’opportunità?
«Sì, nella misura in cui si instaura un dialogo diretto con consumatori qualificati e non generici e soprattutto, importante per noi, con ristoratori, gastronomie e salumerie tradizionali».
da Ufficio stampa Eurocarne
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