La top list delle bufale alimentari: ecco quelle a cui credono di più gli italiani - InformaCibo

La top list delle bufale alimentari: ecco quelle a cui credono di più gli italiani

di Informacibo

Ultima Modifica: 01/10/2015

Milano 1 ottobre 2015. Cibi dai poteri miracolosi o assolutamente dannosi. Diete che promettono dimagrimenti in tempi record e rimedi per qualunque esigenza. Il dibattito sul cibo è sempre più attuale e oggi vive e si alimenta in quella grande arena che è il web.
Di una notizia diffusa a Capo Nord se ne discute a Roma in tempi rapidissimi … E la bufala è dietro l’angolo: facile generarla ma difficilissimo annientarla, ad ogni latitudine. Anche i nostri connazionali non ne sono immuni. Per 4 italiani su 10 – rivela una ricerca realizzata da DOXA per conto di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) – internet e social media sono la seconda fonte d’informazione più attendibile su cibo e dintorni.

Se ne è parlato ieri ad Expo durante un dibattito sul cibo per eccellenza, nel corso della presentazione del progetto #OperazioneFalsiMiti – la prima campagna antibufale online – che con il sostegno di una squadra di blogger e di esperti di varie discipline punta a sfatare le bufale alimentari che impazzano sul web.

Tornando ai risultati della ricerca il parere del medico resta, anche se di poco (55%), la fonte più autorevole. Terzo posto per il generico e tutt’altro che qualificato “consiglio di un amico ed esperto” (25%). Che per loro conta comunque di più, in termini di autorevolezza, di quello che apprendono negli spazi dedicati a cibo e medicina dalla tv (22%) e dai giornali e riviste specializzati (22%).
Una situazione abbastanza paradossale che però “degenera”, è proprio il caso di dirlo, quando analizziamo le risposte dei più giovani, gli under 30: per i cosiddetti Millennials (nati fra la metà degli anni Ottanta e il 2000) quello che leggono nei blog, su Facebook, su Twitter o Youtube conta di più (il 61% la pensa così) di quello che dicono i medici (la cui autorità è riconosciuta solo dal 52% del campione). Ma anche nella classe di età immediatamente successiva – i 30-49enni – si registra un incomprensibile testa a testa: 58% propende per medici e nutrizionisti, il 51% per la Rete e le sue informazioni non sempre verificate.

LA DISTANZA TRA COSA SI PENSA E COME CI SI COMPORTA IN CONCRETO
La ricerca evidenzia, comunque, molta confusione su questi argomenti. E una grande distanza tra l’opinione generale e i comportamenti effettivi delle persone. Oltre il 50% degli italiani dichiara – in teoria – di non fidarsi di quello che legge su internet e di cercare sempre conferma dal mondo “off-line” (tv, giornali, medici ed esperti). Ma anche in questo caso esiste uno zoccolo duro (17%, che sale al 36% tra gli under 30 e al 24% nel Sud e nelle Isole) di creduloni del web, ai quali basta leggere una qualsiasi tesi su una pagina internet per crederci ciecamente, perché considerano il web luogo dell’informazione per eccellenza, libero da filtri e condizionamenti di ogni tipo.

Di fronte a una notizia negativa su un alimento o su una bevanda diffusa dalla Rete il comportamento parrebbe però corretto, quasi da manuale: il 30% afferma di “documentarsi meglio”, il 22% sostiene di “non lasciarsi condizionare” e il 20% “chiede consiglio a un medico o un esperto”. Ma anche in questo caso al 3% degli italiani quanto letto basta per ridurre/eliminare quel prodotto dalla propria dieta.

LA TOP TEN DELLE BUFALE ALIMENTARI: ECCO QUELLE A CUI CREDONO DI PIÙ GLI ITALIANI
Prendendo in esame 9 bufale alimentari molto diffuse sul web – setacciate e rintracciate dal gruppo di 5 blogger che hanno dato vita alla campagna e “smentite” dagli esperti ingaggiati da AIDEPI – e sottoponendole al giudizio del campione della ricerca, si ottiene un riscontro abbastanza chiaro dello scarso livello di conoscenza su questi temi.
Le bufale alle quali gli italiani credono di più (dal 53% al 79% del campione, sono 4: gli agrumi servono a prevenire il raffreddore, i grassi fanno male e andrebbero eliminati dalla dieta, le merendine sono piene di additivi tossici come l’E330, mangiare ananas aiuta a bruciare grassi.
Maggior equilibrio, invece si riscontra rispetto alle altre 5 bufale prese in esame, alle quali gli italiani dimostrano di credere meno: lo zucchero fa male e non va dato ai bambini (46%), i carboidrati fanno ingrassare (44%), eliminare il glutine aiuta a dimagrire (30%), il lievito fa male alla salute (27%), ogni tanto la merenda e la colazione andrebbero saltare per stare meglio in salute (12%).

OPERAZIONE FALSI MITI: SFATIAMO LE BUFALE ALIMENTARI CHE IMPAZZANO IN RETE
Sono queste le bufale che finite nel mirino di #OperazioneFalsiMiti, il progetto varato da www.merendineitaliane.it e dal blog Ore17, le piattaforme che AIDEPI dedica ai milioni di italiani che vogliono saperne di più su merenda e dintorni. Un’iniziativa pensata per cercare di sfatare, con la complicità della Rete e la collaborazione di una “pattuglia” di blogger (Manuela Cervetti, Mamme acrobate; Carla Medda, La torre di Cotone; Silvio Petta, Superpapà; Serena Sabella, Bismama; Barbara Motolese, Genitori Channel), alcuni dei falsi miti alimentari più diffusi sul web.
A rendere scientifica e autorevole questa avventura un team di specialisti, composto da medici, nutrizionisti ed esperti di alimentazione, che faranno luce sui falsi miti individuati dai blogger: il tecnologo alimentare Franco Antoniazzi, la nutrizionista e biologa Valeria Del Balzo, Michelangelo Giampietro, medico chirurgo, specialista in scienza dell’alimentazione e in medicina dello sport ed, infine, il gastroenterologo e nutrizionista Luca Piretta.

L’ANANAS BRUCIA GRASSI E GLI AGRUMI ANTIRAFFREDDORE? MAGARI FOSSE VERO
La bufala più comune riguarda le presunte proprietà brucia grassi dell’ananas, di cui sono convinti quasi 8 italiani su 10. Tutta “colpa” della bromelina (contenuta però nel gambo dell’ananas, che nessuno mangia, che comunque favorirebbe la digestione delle proteine e non la neutralizzazione delle calorie e dei grassi) e di alcune ricerche di tanti anni fa (che, nei ratti, avevano evidenziato una leggera azione ipolimezzante di un estratto alcolico dell’ananas) poi smentite dai successivi sviluppi della ricerca scientifica.
Stesso discorso (in questo caso ci crede il 61% degli italiani) per gli agrumi, che, diversamente dall’opinione diffusa, non sono in grado di prevenire influenza e raffreddore.
Certo, mangiarli fa bene alla salute, ma il contenuto di vitamina C (che, per la cronaca, nelle arance è 7 volte inferiore rispetto al succo di arancia, un terzo meno dei peperoni e la metà della rucola e del kiwi) non è affatto in grado di neutralizzare i consueti mali di stagione.

IL CASO DA MANUALE DELL’ADDITIVO “TOSSICO” E330 (IN REALTÀ È L’ACIDO CITRICO)
Anche le merendine sono finite al centro di una bufala online, smentita a più riprese da varie autorevolissime fonti (la Fondazione Umberto Veronesi, Altroconsumo, il sito Attivissimo.it, che nasce proprio per smascherare le bufale online), ma ogni tanto in grado di rigenerarsi sulle sue ceneri. Anni fa (era il 1999) uscì una lista di prodotti dolci da forno che utilizzavano il temibile e “tossico” – così veniva scritto – E330. Peccato che la fonte citata (il Centro Antitumori di Aviano) ha smentito più volte di essere all’origine della notizia. E peccato, soprattutto, che l’E330 di tossico non ha nulla, visto che dietro questa sigla c’è l’innocuo acido citrico, contenuto in limoni e arance e tutt’altro che pericoloso per la salute. Inspiegabilmente, a cicli di 4 o 5 anni questa informazione ritorna a fare capolino sulla Rete, seguendo la logica perversa della “disinformazione virale” . Che comunque ha i suoi effetti, se oggi il 73% degli italiani si riconosce in questa notizia, palesemente falsa, letta sul web.

BUFALE EMERGENTI: PER DIMAGRIRE SALTIAMO LA COLAZIONE O MANGIAMO GLUTEN FREE
Tra le bufale online emergenti, due sono accomunate dalla falsa promessa di portare al dimagrimento. Infatti alcuni cominciano a scrivere, senza basi scientifiche (e qualcuno finisce per crederci) che saltando ogni tanto la colazione o la merenda si perde peso e ci si guadagna in salute. Stessa tesi motiva la scelta di parecchie persone – ovviamente senza un problema reale di sensibilità al glutine – che rinunciano a pane e pasta o scelgono le versioni gluten free, con l’illusione di riuscire così a perdere peso.
Niente di più sbagliato, in entrambi i casi: gli esperti ci dicono che è vero, semmai, l’esatto contrario.
 


Gli esperti a confronto durante la presentazione della ricerca in Expo Milano

 

LE 3 BUFALE ALLE QUALI GLI ITALIANI CREDONO DI PIÙ,
E LE 3 A CUI INVECE “ABBOCCANO” DI MENO

Tutte sono convinzioni sbagliate: scopriamo perché dalle parole degli esperti che sostengono #OperazioneFalsiMiti, la prima campagna antibufale online, realizzata dal sito Merendineitaliane.it e il blog Ore17

MANGIARE AGRUMI AIUTA A NON PRENDERE IL RAFFREDDORE (lo pensa il 79% degli italiani)
Non è mai stato provato da nessuna evidenza scientifica, anche se se ne parla da anni…”
Da circa 60 anni si discute molto dell'effetto preventivo e/o terapeutico dell'acido ascorbico (vitamina C) sul raffreddore e sull'influenza. Tuttavia, ad oggi, non è mai emerso nulla, a livello di evidenze scientifiche, che possa sostenere un legame di causa-effetto conclusivo e che giustifichi misure profilattiche di questo tipo nella popolazione generale. Una "Cochrane" (documento di consenso che esamina tutte le evidenze descritte nel mondo scientifico) del 2013 conclude, infatti, che non ci sono evidenze che il consumo di vitamina C possa proteggere dal raffreddore”.
Michelangelo Giampietro, Specialista in Scienza dell’alimentazione e in Medicina dello sport

LE MERENDINE CONTENGONO UN ADDITIVO “TOSSICO”, L’E330 (lo pensa il 73% degli italiani)
In realtà parliamo dell’acido citrico, contenuto in limoni e arance, tutt’altro che tossico”
Spesso tra i casi sospetti riferiti alla presenza di additivi negli alimenti viene citato l’E330, una sigla dietro la quale in realtà c’è il semplice acido citrico. Contenuto in molti frutti e agrumi, soprattutto limoni e arance, questo acidificante è anche uno dei metaboliti che le cellule producono nel nostro metabolismo corporeo. Dunque non sono mai sorti dubbi sulla sua sicurezza. Più in generale, su questo tema, va detto che esiste una lista di additivi il cui utilizzo è consentito dall’Unione Europea, che periodicamente è revisionata dall’EFSA, l’organo tecnico incaricato di verificare eventuali problematiche tossicologiche. Quindi per ogni additivo c’è stata un’approvazione iniziale, dietro presentazione di una documentazione sulla sua sicurezza, cui seguono verifiche periodiche. L’eliminazione di tutti gli additivi in qualsiasi alimento non è consigliabile. In alcuni casi bisogna confrontare il rischio legato al loro impiego con quello derivante dal non utilizzarli: basti ricordare l’uso dei nitrati nei salumi per diminuire il rischio mortale del Botulino. Dalle merendine sono scomparsi i conservanti, mentre l’additivo più frequente è l’E471 o "mono e digliceridi degli acidi grassi", che viene utilizzato per conservare la freschezza del prodotto, ovvero per rallentarne l’indurimento. Anche sulla sicurezza di questo tipo di additivi non sono mai sorti dubbi nella comunità scientifica”.
Franco Antoniazzi, Tecnologo alimentare Università degli studi di Parma

L’ANANAS BRUCIA I GRASSI (lo pensa il 61% degli italiani)
Tutta colpa della bromelina e di alcuni vecchi studi poi smentiti che ipotizzavano un leggero effetto ipolipimezzante di un estratto alcolico dell’ananas”
Le proprietà dell’ananas sono quelle tipiche di qualsiasi altro frutto, sia tropicale che locale. In letteratura alcuni lavori non più recenti avevano evidenziato come, nei ratti, un estratto alcolico dell’ananas avesse una leggera azione ipolipimezzante (J Pharmacol Sci. 2007 Mar;103(3):267-74. Hypolipidemic mechanisms of Ananas comosus L. leaves in mice: different from fibrates but similar to statins).Ciò ha fatto credere che chi mangia ananas brucia i grassi, ma non è così: questi studi sono stati condotti su ratti e poi abbandonati perché non riproducibili sull’uomo. L’ananas contiene bromelina, un enzima ad azione proteolitica che aiuta la digestione delle proteine ed è utilizzato in farmacologia come antinfiammatorio. Ma questo non ha nulla a che vedere con le proprietà brucia grassi di cui si parla sul web”.
Valeria Del Balzo, Nutrizionista e biologa Università di Roma La Sapienza

ELIMINANDO IL GLUTINE DALLA DIETA SI DIMAGRISCE (lo pensa solo il 30% degli italiani)
Non è dimostrato da alcuna evidenza scientifica mentre è vero che la dieta dei celiaci è più ricca in grassi”
Non esiste nessun fondamento scientifico che possa indurre a credere che una dieta gluten free possa svolgere alcun ruolo nel calo ponderale. Il glutine rappresenta una parte della componente proteica dei cereali che lo contengono. La quota proteica dei cereali contenenti glutine si aggira intorno al 10-12%, mentre è presente tra l’8 e il 10% nei cereali gluten free, che sono peraltro più ricchi in carboidrati (riso) o grassi (miglio o mais). Di conseguenza l’apporto calorico cambia poco o può essere addirittura superiore. Nei prodotti gluten free dell’industria il potere emulsionante naturale del glutine viene sostituito mediante l’aggiunta artificiale di emulsionanti come l’E471, che sono mono-digliceridi (vale a dire grassi). È noto da diverso tempo come la dieta dei celiaci sia più ricca in grassi (Ansaldi, Riv Italian Ped 1994), cosa confermata da studi più recenti (Pellegrini, J Sci Food Agric 2015, Segura, Plant Food Hum Nutr 2011). Se invece si ritiene che mangiare senza glutine significhi ridurre notevolmente l’apporto generico di pane e pasta, è normale che si assista ad un calo ponderale; ma questo (che non ha nulla a che fare con la presenza o assenza di glutine) non corrisponde certo ad un aspetto salutistico dell’alimentazione, in quanto va in contrasto con le indicazioni dell’ultima revisione dei LARN (Livelli di Assunzione Raccomandati dei Nutrienti) del 2012, che suggeriscono una quota di energia proveniente dai carboidrati pari al 45-60% del totale”.
Luca Piretta, Specialista in gastroenterologia ed endoscopia digestiva, specialista in Scienza della nutrizione umana, Dipartimento delle Scienze Cliniche di l’Università della Sapienza di Roma

IL LIEVITO FA MALE ALLA SALUTE (lo pensa il 27% degli italiani)
L’intolleranza al lievito non esiste e i test attualmente proposti per diagnosticarla non sono scientificamente validi. Il problema è spesso nella lievitazione sbagliata o l’intolleranza dipende da altri ingredienti”
L’intolleranza al lievito come reazione avversa agli alimenti non esiste, non vi sono neppure test specifici e di comprovata evidenza scientifica per la sua diagnosi e quelli attualmente proposti – quali il Dria, il Vega, il citotossico o l’analisi del capello – non sono efficaci. Se dopo aver mangiato pane e farinacei si avvertono, dunque, gonfiore addominale e meteorismo vi è una forte probabilità che questi alimenti abbiano subito una lievitazione troppo rapida, con aggiunta di alfa-amilasi e di ‘miglioratori’, la cui fermentazione nell’intestino può dare adito alla formazione di gas e ad una digestione lenta. Escluse con certezza, attraverso test specifici, le allergie alimentari al grano, all’alfa–amilasi e ad altri componenti insieme ai quali il lievito viene ingerito, sarà consigliabile una visita specialistica da un gastroenterologo per determinare la vera natura dei sintomi avvertiti e la possibile presenza di malattie croniche intestinali. Qualora il disturbo correlato all’assunzione di cibi lievitati sia invece una condizione cui non sottendono malattie, come ad esempio nel colon irritabile, si può consigliare di assumere cibi a lievitazione naturale, nei quali il processo avviene grazie a microrganismi viventi – i saccaromiceti – che favoriscono una lievitazione più lunga, garantendo maggiore digeribilità al prodotto. È invece sconsigliata la drastica eliminazione del lievito che abituerebbe l’organismo a una dieta scorretta e squilibrata”.
Valeria Del Balzo, Nutrizionista e biologa Università La Sapienza di Roma

OGNI TANTO LA COLAZIONE/MERENDA ANDREBBERO SALTATE (lo pensa solo il 12% degli italiani)
Niente di più sbagliato. Chi è abituato a non fare colazione in genere ingrassa di più di chi la fa regolarmente mentre la merenda aiuta a tenere e bada l’appetito”
La colazione è un pasto fondamentale per cominciare le attività della giornata. Credere che saltando la colazione ci si senta meglio o si perda peso è totalmente errato, anzi dalla letteratura si evince che l’abitudine a non fare colazione è strettamente correlata all’aumento di peso, inoltre è emersa una correlazione tra il saltare la colazione e lo sviluppo di adiposità e obesità. Coloro che saltano la colazione non solo non hanno un adeguato apporto di nutrienti essenziali come vitamine e Sali minerali, ma hanno anche una sensazione di fame molto elevata, che li porta a consumare alimenti ad elevata densità energetica, in porzioni più abbondanti rispetto agli standard. La merenda rappresenta un momento per una piccola pausa atta a rifornire energia per l’organismo e anch’essa è un ottimo modo per tenere a bada l’appetito in vista del pranzo e della cena. Saltarle non aiuta a dimagrire o a generare sensazioni di benessere; la perdita di peso è legata alle porzioni consumate e al livello di attività fisica. Di certo non bisogna farne un dramma se per qualsiasi motivo si salta uno di questi pasti, l’importante è che il saltare i pasti in generale non sia un’abitudine”.
Valeria Del Balzo, Nutrizionista e biologa Università La Sapienza di Roma

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Capo Redattore