Il Grand Hotel et des Palmes di Palermo e i suoi illustri ospiti
di Informacibo
Ultima Modifica: 02/10/2016
Qui, alle Palme, la memoria dei luoghi gronda infatti di ospiti illustri, figure mitiche nell’arte, nella musica, nella letteratura, geni romantici e surrealisti depressi, Wagner, Maupassant, Raymond Roussel, che proprio qui, la mattina del 14 luglio del 1933 venne trovato cadavere, disteso su un materasso poggiato sul pavimento della stanza 224…”.
Così ha scritto sul quotidiano il Foglio Marina Valensise in un articolo dedicato al Grand Hotel et des Palmes, intitolato “Palermo e la sua era incantata con Wagner e Roussel“.
E proprio perché i suoi ricordi illuminano gli annedoti storici di questo locale ed è una sentinella attenta del suo futuro ci affidiamo alle sue parole per conoscere in profondità i fatti accaduti tra le mura di questo smagliante Grand Hotel.
Partiamo dalla tragica giornata del 14 luglio 1933 quando lo scrittore surrealista Raymond Roussel, poeta e drammaturgo francese, fu trovato morto nella camera 224 (noi pernottiamo nella vicina stanza 220) del Grand Hotel et des Palmes a Palermo per un'overdose da barbiturici. Su questo episodio Leonardo Sciascia scriverà un celebre saggio: “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”. In questo racconto-inchiesta, pubblicato nel 1971 dalla casa editrice Sellerio (e tradotto in francese), Sciascia prova a smentire l'ipotesi del suicidio, anche se la vicenda rimane ancora avvolta nel mistero.
Fu quartier generale americano durante la seconda guerra mondiale ma anche base di un supervertice tra mafia e Cosa Nostra.
Vi soggiornò a lungo Richard Wagner scrivendo il finale di Parsifal.
Ma anche “le miserie e i misteri”, come ha scritto tempo fa in un articolo l'inviato del Tg1 Pino Scaccia, “ci dormii all’inizio del 1988, sei mesi dopo il trasferimento al Tg1 e ricordo -scrive con orgoglio Scaccia- la sensazione di ebbrezza professionale, una specie d’ingresso nell’università del giornalismo. Occuparmi di mafia, infilarmi nei segreti della cosiddetta zona grigia (avevano appena ucciso Insalaco) era la consacrazione da cronista. Alle “Palme” c’erano gli incontri, le riunioni, le soffiate. Ricordo, molti anni dopo, le due settimane passate in attesa del rinvio a giudizio di Andreotti. Anche lui abitava lì, cioè anche Andreotti cenava ogni sera nello stesso ristorante, anche se in disparte, naturalmente a un altro tavolino”.
Ad una nostra domanda su Toti Librizzi, leggendario barman del Grand Hotel et des Palmes, Domenico Fecarotta ci dice che Librizzi è stato, oltre che un grande barman, anche un bravo collezionista, atipico ed unico, e ci ricorda i suoi famosi disegni e aneddoti (ne ha custoditi ben quattromila) di personaggi che hanno soggiornato all’hotel nel corso della sua lunga attività: Guttuso, Carla Fracci, Andreotti, Patty Pravo, Cristopher Lee, Giorgio Albertazzi, Edoardo Vianello, Marina Ripa di Meana, Giuni Russo, Paul Jung, Enzo Biagi, Luciano De Crescenzo…e molti altri.
Poi ci accompagna nelle scintillanti sale del bar, della colazione e del ristorante dove la storia e l’attualità sono un tutt’uno.
Ma la storia viene raccontata magistralmente qui sotto da Giulio Ambrosetti.
Alla fine del’800 l’edificio viene acquistato dal cavaliere Enrico Ragusa che, nel 1907, lo trasforma nel Grande albergo della Palme (o all'Hotel des Palmes ) con un progetto dell’architetto Ernesto Basile. Questo Hotel non può essere paragonato al Villa Igiea o al San Domenico di Taormina. Ma da questo luogo sono passati personaggi importanti. E, sempre in questo luogo, sono accaduti fatti importanti. Chi scrive ha avuto la fortuna di conoscere due personaggi che di questo Hotel conoscevano tante storie. E alcune di queste storie le avevano vissute di presenza, quindi da testimoni. Parliamo di Alessandro ‘Sandro’ Attanasio, un catanese che, forse, è stato addirittura direttore dell’Hotel delle Palme. E di Tonino Zito, un indimenticabile amico e collega che ha vissuto quella che è passata alla storia come l’ ‘Operazione Milazzo’, una controversa fase della vita politica siciliana consumatasi anche nella stanze di questo Hotel.
Tra il 1957 e il 1960, insomma, all’Hotel delle Palme di Palermo, vanno in scena due accadimenti che rimarranno nella storia. Nel ’57 si tiene proprio a Palermo, e proprio nei saloni dell’Hotel della Palme, un summit tra i capi della mafia siciliana e di Cosa nostra americana. C’era l’indiscusso capo della mafia siciliana, Giuseppe Genco Russo, che aveva preso il posto di Don Calogero Vizzini, morto nel 1954, e poi altri mafiosi siciliani: Domenico La Fata, Calcedonio Di Pisa, Vincenzo Rimi, Cesare Manzella. La delegazione americana era capeggiata da Giuseppe Bonanno, meglio conosciuto a Brooklyn come Joe Bananas. Assieme a lui c'erano Joe Di Bella, Vito Vitale, Camillo Carmine Galante, Santo Sorge, Giovanni Bonventre, Charles Orlando, John Priziola. E c’era, soprattutto, Lucky Luciano, che 15 anni prima aveva avuto un certo ruolo nella sbarco degli americani in Sicilia (cosa, questa, che alcuni storici oggi negano, forse per cercare di dare dell’Italia un’immagine più seria…).
Nel 1957 Luciano è uno degli indiscussi protagonisti della mafia americana e siciliana. L’unico in grado di esercitare un grande ascendente su Cosa nostra. In quegli anni Luciano si è trasferito a Napoli. E' stato liberato dagli americani nel 1943, si dice per preparare, in Sicilia, lo sbarco delle truppe americane. Ribadiamo: oggi alcuni storici provano a smentire tale tesi. Ma a parte il fatto che ci sono altri storici che dicono l’esatto contrario, ci sono anche tante testimonianze che provano il ruolo della mafia in quegli anni. Lo stesso Sandro Attanasio ha scritto un libro: “Sicilia senza Italia”, dove si dimostra che gli americani sbarcarono in Sicilia quasi senza colpo ferire.
Per non parlare dello scrittore e drammaturgo statunintense Eugene Luther Gore Vidal: “La liberazione – scrive – fu l'operazione militare meno sanguinosa di tutta la seconda guerra mondiale. A ungerla con l'olio d'oliva, in modo che non s'inceppasse, ci pensarono i picciotti, che controllavano tutto il territorio, appena arrivò il segnale prestabilito: il lancio dagli aerei americani di migliaia di fazzoletti di seta con una L come monogramma, che stava per Luciano”. Dei fazzoletti con la L lanciati dagli aerei parla anche Pantaleone nel già citato libro ‘Mafia e politica’.
Luciano, siciliano di Lercara Friddi, una volta fuori dalla galera americana, torna in Italia per riorganizzare gli ‘affari’. E’ lui l’artefice del summit dell’Hotel delle Palme di Palermo. L’incontro ha luogo fra il 10 e il 14 ottobre 1957. Chi racconta i particolari del summit è lo scrittore e giornalista Michele Pantaleone nel suo celebre libro 'Mafia e politica' (Einaudi 1962). Pantaleone scrive anche alcuni articoli sul giornale L'Ora di Palermo, uno dei pochi organi di stampa che, in quegli anni, parlava di mafia. Secondo Pantaleone, il programma dei lavori era il seguente. Primo: far cessare le guerre di mafia in Sicilia e in America (in quegli anni a Palermo si contavano centinaia di morti). Secondo: i capi della mafia siciliana avrebbero ‘garantito’ i rapporti con Cosa nostra americana. Terzo: accreditare i corrieri siciliani nel traffico di droga. Quarto: separare dal traffico della droga dal contrabbando di sigarette, che gli americani consideravano ininfluente rispetto al business degli stupefacenti.
Si racconta che, sempre a Palermo, e sempre nei saloni dell’Hotel delle Palme, si decide la sorte del boss Albert Anastasia, considerato troppo ‘rumoroso’, cioè violento. E non è un caso se il 25 ottobre Anastasia viene trucidato da colpi di mitra mentre si sbarbava nello Sheraton Park Hotel, nel centro di New York. Per la cronaca, quel giorno, tra i personaggi che presero parte all’incontro dell’Hotel delle Palme, seduto in un angolo nella Sala del caminetto, c’era un giovane avvocato siciliano di Patti, che negli anni successivi farà molto parlare di sé: Michele Sindona.
Ma l’Hotel delle Palme è stato anche altro. Tra gli ospiti di questo albergo si ricorda Richard Wagner, che proprio a Palermo conclude la partitura del "Parsifal". Wagner alloggiava con la seconda moglie, Cosima Listz, e con uno stuolo di accompagnatori. Si fermerà all’Hotel della Palme, nella suite 124, dal 5 novembre 1881 all'1 febbraio 1882. Le cronache del tempo raccontano dei pessimi rapporti tra il titolare dell’Hotel, il cavaliere Ragusa, e lo stesso Wagner. Pare che il musicista andrà via senza saldare il conto. Parlando molto male del cavaliere Ragusa.
Un altro personaggio che frequentava abitualmente l’Hotel delle Palme è stato Francesco Crispi, siciliano in bilico tra Ribera, provincia di Agrigento, e Palazzo Adriano, provincia di Palermo. Crispi, che sarà anche Presidente del Consiglio, veniva eletto a Palermo.
Un altro illustre ospite di questo Hotel di Palermo è Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro, giornalista e filosofo uruguaiano, un pensatore liberale piuttosto noto nel suo tempo. Rodò arriva a Palermo il 3 aprile del 1917. E a Palermo morirà, la mattina del Primo Maggio 1917. Il filosofo era di salute cagionevole. Nella notte era stato male ed era finito all'ospedale ‘San Saverio’, che oggi non esiste più. Morte normale o ci potrebbe essere stato altro? Allora si parlò anche di avvelenamento. Il filosofo verrà imbalsamato e finirà al cimitero dei Rotoli dentro una speciale cassa. Nel 1920 la sua salma verrà rimpatriata in Uruguay.
Nella notte tra il 13 e il 14 luglio, anno 1933, nella stanza 224 viene trovato morto lo scrittore surrealista francese Raymond Roussel. Leonardo Sciascia scriverà un celebre saggio: “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”. In questo racconto-inchiesta, pubblicato nel 1971 dalla casa editrice Sellerio (e tradotto in francese), Sciascia prova a smentire l'ipotesi del suicidio, anche se la vicenda rimane avvolta nel mistero.
Nel 1943 il tenente colonnello Charles Poletti, capo dell'Amgot (Allied military government of occupied territory), piazza all’Hotel delle Palme il proprio quartiere generale. L’occasione, si dirà, per trafugare qualche opera d'arte.
Tra i personaggi particolari che hanno alloggiato all’Hotel delle Palme c’è anche il barone Agostino La Lomia, originario di Canicattì, provincia di Agrigento, che occupava stabilmente la stanza numero 124. Il barone si scriveva le lettere e se le spediva. Facendosele consegnare alla reception, alla presenza di molta gente.
La suite 204 è stata, per oltre mezzo secolo, la casa del barone Giuseppe Di Stefano, originario di Castelvetrano, provincia di Trapani, morto il 5 aprile 1998 all'età di 92 anni. Si racconta che il barone si era auto-esiliato per sfuggire a una vendetta di mafia. Vero? Falso? Chissà.
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