E’ il momento di Daniele D’Alberto, lo chef pescarese dai pochi vizi e molte virtù
di Informacibo
Ultima Modifica: 18/12/2017
“Una città così bella e grande come Pescara, merita uno chef del posto” dice sincero Daniele, “Per me una responsabilità doppia. Mi conforta e mi da coraggio gli imprenditori che investono su di me, vedere il seguito che ha il mio profilo social tra architetti di fama internazionale”
Il panettone? “Di quelli che dici apperò e lo riconosci già dalla confezione” (rosa, per la cronaca).
La sua idea di cucina? Semplice, mediterranea, fatta degli ingredienti che troveresti nel frigo di casa manipolati però con tecnica e fantasia.
“Piatti realizzati con ingredienti del territorio, ma che non sembrano esserlo. Bello, no? Un cliente a fine pranzo si è complimentato dicendomi: è come mangiare a New York ma sei a Pescara. Ecco, quello!”.
Agile, delicato, affabile, dinamico, operativo sempre.
E' Daniele D'Alberto, trentenne cuoco pescarese alla ribalta con effervescenza sulla scena gourmande contemporanea.
Uno che “si sdoppia” quando c'è da mettersi in gioco su più fronti insieme e “fare le cose per bene, al meglio possibile”. “Lavoro 25 ore al giorno, vado a dormire alle 2 di notte e alle 8.15 del mattino sono già operativo. No, non mi drogo, né bevo, sono il ragazzo umile di sempre. E mangio poco, ma assaggio questo e quello tutto il giorno, mi basta”.
Per quanto giovane “emergente”, Daniele può dirsi ormai uno chef veterano della ristorazione d'autore. Ne è conferma lo straordinario carico di impegni, e responsabilità, di cui è attualmente protagonista. Alla guida di due ristoranti da far marciare sullo stesso binario, in top class. Una sfida doppia, importante, che sta fronteggiando con la leggerezza e la serietà di sempre.
Più di recente, lo sdoppiamento di ruolo con il varo del Dorsia, in via Battisti a Pescara. Nell'impostazione data dai titolari, Giuseppe Maria Zolfo e Giorgia Brandimarte, raffinati imprenditori cittadini, il nuovo ristorante-club gioca su suggestioni ellisiane (American Psycho) e punta a distinguersi in tutto e per tutto, dallo stile degli arredi alla carta del menu, firmato da Daniele.
Due ristoranti. Quaranta piatti a rotazione. “Più spinti sullo sperimentale in centro città, dove il ricambio è più veloce”, osserva.
In carta il suo vivace repertorio in continua evoluzione, chic. La triglia e la mandorla, suo piatto rivelazione, il carciofo bruciato all'arancia amara e parmigiano, tonno alla pizzaiola, quinoa in agrodolce, macaron parmigiano e zafferano, l'uovo venuto dallo spazio. Una teoria di creazioni cromatiche, giocose, avveniristiche, dall'impronta ben marcata, originale, riconoscibile. E la volontà di dare alla sua città “quello che mancava”.
“Una città così bella e grande come Pescara, merita uno chef del posto” dice sincero. “Per me una responsabilità doppia. Mi conforta e mi danno coraggio gli imprenditori che investono su di me, vedere il seguito che ha il mio profilo social tra architetti di fama internazionale”. Perchè quando rientra a casa Daniele continua a lavorare e studiare. Arte, moda, architettura, racconta. “Mi piace ammirare cose belle, è fonte di ispirazione per la mia cucina. La ristorazione di un certo livello è apprezzata da chi ama il bello, non semplicemente per un fattore estetico, è qualcosa di più profondo, personale”.
Un team di cinque giovani, abruzzesi tranne uno, riuniti “spontaneamente” dalla sua leadership. Uno per tutti, tutti per uno. Meritano una citazione: Lorenzo Serafini, Cristian Misantone, Alberto Rutolo, Danni Tatasciore, Bartek Zaleski (il più anziano, 32 anni).
Nervi saldi, capacità di squadra e tanta umiltà. E madre, padre e sorella ancora e sempre al suo fianco. La forza di Daniele. Che ha un mantra da ripetere: eliminare dalla parola “impossibile” il prefisso “im”. Un esercizio quotidiano che ha postato anche sul suo profilo facebook, un po' per gioco un po' per non morire. Senza dimenticare il ruolo di coordinatore nel nuovo sodalizio di cuochi under 30 nati in seno all'Unione cuochi abruzzesi. “Ma posso farcela, riesco ad adattarmi a tutto”, tranquillizza.
Tre anni fa, incoronato Chef Emergente Abruzzo dal contest di Luigi Cremona, parte spedito con la sua idea di cucina “creativa con tecnica”, portando una ventata di freschezza sul Colle di Montesilvano. Tanto si distingue che viene scelto a presentare l'Abruzzo al Ristorante d'Autore del Vinitaly di Verona. E arriva la svolta, Daniele lascia l'antico borgo di Montesilvano per la nuova occasione. Arriva il doppio salto carpiato con avvitamento di cui sopra. Un'opportunità senza precedenti per puntare dritto al firmamento dell'alta ristorazione italiana.
Una stella nascente, si sussurra nell'ambiente. Sogno, realtà, autostima e tanto lavoro. Il momento di Daniele è totalizzante. “Si” ammette, “esco con una ragazza nel tempo che mi rimane, per ora di più non posso. Da tre mesi non vado a correre, e pensare che “Odio il riso” ( il piatto con cui ha conquistato la platea del Meet in Cucina quest'anno, ndr) è nato da un'idea avuta correndo sul lungomare, al mattino presto…”.
Anche il tempo per l'intervista è scaduto, Daniele deve correre in cucina. “Stasera tutto pieno, la curiosità è tanta, essenziale prenotare”.
Gli chiediamo, infine, cosa si aspetta dal nuovo anno in arrivo, cosa lo attende, forse lo spaventano le mille e più bottiglie allineate in cantina dal mirabolante Zolfo, wine hunter di provata esperienza. Come terrà testa al glamour evocato dal Dorsia? Lui sdrammatizza. “Paura perchè? Piuttosto la spinta a fare un altro passo in avanti, uno stimolo a osare”. “Il 2018 sarà ancora più impegnativo” accenna, “ma per ora top secret”. Multitasking e pure misterioso…
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