Quando la Cina ama le Amarene: dall’Oriente due premi a Fabbri 1905
di Informacibo
Ultima Modifica: 30/06/2017
Da Bologna, Fabbri 1905 ha diffuso la cultura del dolce made in Italy in tutto il mondo: una distribuzione che raggiunge più di cento nazioni, fra cui la Cina resta una delle più importanti. Da Pechino a Shanghai, i cinesi lo sanno bene.
L’ultima prova? L’azienda bolognese ha appena ricevuto il prestigioso premio Panda d’Oro, assegnato ogni anno dalla Camera di Commercio Italiana in Cina durante il tradizionale gala patrocinato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall'Ambasciata d'Italia a Pechino.
Quest’anno il premio nella categoria “Gourmet” è stato messo nelle mani di Nicola Fabbri, quarta generazione della famiglia del fondatore che ancora oggi guida l’azienda con il fratello Umberto e con i cugini Andrea e Paolo, per aver messo in campo «la più efficace strategia di promozione della qualità del food & beverage italiano in Cina».
La Cina, del resto, ha sempre fatto parte della storia Fabbri. A cominciare dal 1915, quando il ceramista Gatti di Faenza creò il vaso dell’Amarena Fabbri coprendolo di arabeschi blu ispirati a decori cinesi del primo ‘900. Fino a sei anni fa quando, nel giugno del 2011, Amarena Fabbri ha fatto il suo ingresso nel retail cinese: una delle tappe più importanti della storia di Fabbri in Cina. Il suo prodotto-icona raggiungeva un target di oltre 300 milioni di persone, conquistandole.
Un anniversario che l’azienda festeggia con la vittoria del Panda d’Oro 2017 solo sei mesi dopo aver ricevuto un altro riconoscimento legato ai suoi successi in Oriente: il China Award, la “palma” delle aziende che si sono distinte in Cina attribuita ogni anno dalla Fondazione Italia Cina.
Ai cinesi, insomma, piace italiano. E made in Bologna. «In Cina, Fabbri è chiamata azienda-uovo: bianca fuori e gialla dentro» afferma Nicola Fabbri. «Un’azienda occidentale fuori, quindi, e con un cuore giallo, cinese, dentro. Una definizione che ci ha sempre fatto piacere: la nostra azienda si è insediata a Shanghai quando erano pochissime le società italiane che sceglievano di fare questo passo. Una decisione dettata dalla volontà di promuovere in Oriente la cultura del cocktail di qualità e della premium mixology accanto a quelle più tipicamente italiane del gelato artigianale e del dolce italiano. Massimizzando l’efficienza distributiva e, soprattutto, mantenendo un legame molto forte con il territorio per respirarne cultura, energie e slanci verso il nuovo».
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