Europa Pac: scoprire i veri ruoli dell’Uomo Agricoltore
di Informacibo
Ultima Modifica: 27/11/2012
Parma novembre 2012.Agricoltura e alimentazione sono gli unici due settori che ancora tirano in una situazione di grave crisi economica come quella che stiamo, da tempo, attraversando.
L’agricoltura è stata la sola ad aver incrementato manodopera (circa 20mila addetti) eppure rimane la più bistrattata.
L’export agroalimentare, ad agosto (dati Coldiretti) è aumentato del 10,4%, contro l’8,4 dell’export nazionale complessivo. E nei primi otto mesi dell’anno del 6,2%, contro il 4,6% del totale. Tutto ciò ci consala e ci evita di affronatre i problemi a cominciare dalle nuove “figure” dell’agricoltore. Eppure l’Italia e l’Europa, per il loro bene, prima o poi devono capire che esiste una “questione agricola” strettamente legata ai diversi ruoli dell’agricoltore.
Proprio quello che scrive in questa pagina, Giampietro Comolli, 58 anni, studioso del mondo agroalimentare, che non dimentica di provenire da alcune generazioni, figlio, nipote, pronipote, trisnipote di agricoltori, di una storica famiglia permeata che nel suo Dna dalla “questione agricola”.
Molti però dimenticano che questo problema è centrale: nessuna inchiesta vera, nessuna mobilitazione, poche prese di posizione. Eppure tutti i dati confermano che ce n’è abbastanza perchè i temi agricoli e alimentari, con la tutela dei terreni e della figura dell’agricoltore, diventi una priorità nell’agenda politica e di governo riconoscendo il ruolo focale dell’”uomo agricoltore”.
Comolli ora, con il suo Ovse-Comitato scientifico, lancia un appello chiaro e forte: “l’’Europa agricola deve dare un segnale di discontinuità. Basta con la strada di seguire solo le regole di bilancio, di quote di produzione, di valore monetario. Facciamo dal 2020 una Pac dedicata all’agricoltore e alla sua reale multifunzionalità legata al luogo di residenza, al rapporto col suolo, al valore ambientale, alla cultura del paesaggio, del riordino, della riqualificazione, del recupero e della ristrutturazione infrastrutturale e edilizia”
Il dibattito è aperto!
Ecco la proposta/appello avanzata da Giampietro Comolli
“L’agricoltura è un punto centrale di partenza: ben chiaro anche nella testa della Inghilterra dei servizi finanziari e della liberissima Svezia. Dopo 50 anni di Mec, Sme, Ce, Pac è arrivato il momento di realizzare una vera politica con i fondi europei, non come un ritorno agli Stati membri, non come l’equilibrismo di norme poco comuni, non come un modo per pesare ex monete forti o deboli, non come merce di scambio per altre strategie, non come disequilibrio disaccoppiato e garantito, non come aiuti al reddito dei soliti, non come sostegno dei prezzi dei prodotti generici e non di qualità…..basta emanare direttive e regolamenti per le “cose”.
Nel 2020 vogliamo norme sulle “funzioni” e ruoli dell’agricoltore attivo?
Ovvero vogliamo ottimizzare la poliedricità e la multifunzionalità della figura di “agricolo”. Sommessamente negli ultimi mesi si è sentito parlare di suolo rubato alla agricoltura, di nascita e sostegno di occupazioni per la difesa del territorio, di agricoltura in crisi, di speculazione sul prezzo di grano e mais che affama ancor di più i Paesi del Terzo Mondo, di distruzione di derrate marcite, di impegno solidale e sussidiario, di Expo2015 che vede l’agricoltura e l’alimentazione come energia per la vita, ebbene ….la Commissione Europea dia concretezza a tutto questo.
Ecco una proposta.
In verità, oggi, non esiste una sola figura di agricoltore attivo, quello che ha o fa impresa intesa con i parametri economici soliti (reddito, prezzi, mercato, concorrenza, commodities, ecc…) ma esistono più figure, più agricoltori in base a dove vivono, a dove consumano, a dove producono, come lo fanno e perché lo fanno in qual modo, e quanto quella modalità e localizzazione sia importante per tutta la società civile, per il benessere generale, per la funzione sociale. Non si parli di guardiani del parco o di custodi della terra, parliamo di imprenditori, certo piccoli e grandi, cooperatori e agroindustriali, con altro lavoro e con strumenti diversi. Ecco già denominati 4 ruoli chiave, ma assai diversi fra loro, con stimoli e obiettivi diversi, con costi e guadagni all’opposto per cifre e per valori.
Credo che nel 2020 la PAC EUROPA debba trovare una altra strada, porre al centro “LE” figure dell’agricoltore, rispetto a prodotti, a prezzi, a redditi.
Si parte con una Pac 2014-2020 già dimezzata finanziariamente, o quasi, per cui gli stanziamenti per singoli Paesi diminuiscono, soprattutto per i Paesi Storici. Questo farà aumentare le differenze potenziali e le discriminazioni fra gli agricoltori del sud rispetto a quelli del nord, fra giovani e vecchi, fra paesi vecchi e paesi nuovi, aumentando ancor più il divario delle Politiche Agricole individuali. La crisi economica in essere (frutto e perseveranza di quella finanziaria mal gestita e con rimedi assolutamente inefficaci) impone che la PAC cambi impostazione e miri ad una visione innovativa, socialmente attiva, attenta ad una formula di valutazione e gestione del sistema che tenga conto dello sviluppo, della libera e libertà d’impresa, ma anche della sussidiarietà, sostenibilità e solidarietà che il mondo agricolo può dare e deve ricevere da tutti i governi. La Unione Europea deve staccarsi dalla contingenza del mercato, evolvere i programmi e le tesi troppo legate alla tutela dei prezzi e solo marginalmente dei redditi. Il mercato è libero, va saputo organizzare e non controllare, ma nello stesso tempo oggi non si può parlare di mercato, ma di “ mercati” anche nello stesso Paese, nello stesso canale, nello stesso comparto e settore, addirittura la figura stessa dell’agricoltore e del consumatore si manifesta in modi e forme assai diverse.
Puntare sul mercato e basta è una visione superata.
Occorre predisporre una PAC che interpreti il cambiamento nel lungo periodo: << In questi anni si deve abbandonare la strategia mercato, prezzi, consumo, prodotti per puntare su cosa si intende per una “agricoltura” attiva in Europa dove i Paesi, i sistemi, le coltivazioni, i climi, la storia impone regole naturali e produttive assai diverse. Il liberismo sfrenato che ogni Paese può fare tutto, oppure che le quote servono per garantire prezzi e reddito, sono fattori fondamentali, ma consequenziali alla scelta di “quale” imprenditore agricolo l’Europa vuole avere, quante figure, che tipo di imprenditori, quali da sostenere, quali sostenuti con gli aiuti disaccoppiati, quali con i piani di sviluppo, quali con le quote. Non un ritorno alle “direttive” degli anni ’70, ma dirigere l’attenzione verso la figura di contadino, di agricoltore perché ha una funzione similare in Paesi storici come nei Paesi di più recente adesione all’Europa, anzi per quest’ultimi potrebbe essere un grande vantaggio istituzionale e governativo. Per far crescere o consolidare una agricoltura diverse nei Paesi recenti, si rischia di condannare alla marginalità l’agricoltura del Paesi vecchi.
Proponiamo che la PAC sia realizzata partendo da 4 o 5 figure reali di agricoltore attivo: (A) il contadino delle aree svantaggiate, delle piccole coltivazioni e piccoli allevamenti e con la funzione anche sociale e civile più che agricola e (B) il grande imprenditore agrario-industriale con terra che attua una grande impresa in grado di stare sul mercato globale con necessità, impegni, funzioni totalmente diverse. In questo modo, fra i due estremi, possono trovare collocazione altre figure intermedie di agricoltori attivi: (C) l’agricoltore che conferisce la totalità del proprio prodotto alle strutture cooperative di vario genere e (D) piccolo-medio imprenditore che produce prodotti di qualità, cura tutta la filiera, nell’autonomia di impresa svolge anche un sostegno generale alla regione economica di riferimento. In questo contesto, gli aiuti non sono più proporzionati solo alla estensione territoriale, ma indirizzati e assegnati in base alla figura dell’agricoltore e alle sue funzioni collettive e individuali, sociali ed economiche, dirette all’impresa o collaterali, al reddito e ricavi d’impresa, al suo attivo e passivo, alla occupazione. Nascerebbe una agricoltura al servizio di tutti, non solo come settore primario, come fonte base di commodities e di prodotti di qualità, ma anche rispettosa delle tradizioni agrarie delle grandi imprese del nord Europa, delle imprese delle regioni destinate a prodotti Dop e Igp, delle aziende di montagna con valenza a pascolo e forestale, delle aziende delle pianure fertili del sud Europa, ma anche delle aziende meridionali vincolati per clima e orografia a puntare solo su alcune produzioni. Una agricoltura più legata alla vita sociale, più valore aggiunto e più valore civile per il settore primario e per la figura del contadino che – in certi casi – riceverebbe aiuti pubblici e di tutti per un servizio reso a tutti.
Banalizzando: ha un ruolo importante anche quell’ agricoltore che resta a vivere in zone svantaggiate, cura il territorio, mantiene e sviluppa, produce in proprio e vende direttamente produzioni di grande qualità artigianali non tecnologiche, catalizza attenzione e interesse ambientale e turistico, si accontenta di ricavi limitati integrati con aiuti e sostegni… garantendo un reddito di impresa e di famiglia, anche per ripristinare la “famiglia agraria”, oggi persa come prima struttura civile di un modello di sistema che ha nella sostenibilità, sussidiarietà e solidarietà una funzione che va oltre il mercato, il consumo, i prezzi….purchè appunto sia garantito un reddito e una utilità civile. Semplificare le procedure, eliminare un eccesso di parametri numerici, puntare su “figure professionali” chiare, vuol dire risparmio di costi, di burocrazia.
La riduzione delle leve, la definizione di rapporto attività agricola-figura professionale consentirebbe una maggiore flessibilità e un controllo generale su volumi e qualità (quindi pian piano le quote sui prodotti base potrebbero sparire e al loro posto un liberismo fra domanda/offerta). Sicuramente i fondi disponibili, la matrice greening per tutti i ruoli, la reciprocità, il valore aggiunto di certe produzioni, la compensazione dei disimpegni, l’esclusione di azienda dal sistema obbligatorio ambientale, l’autodeterminazione dei ruoli dei singoli Stati….. sono priorità fondamentali: non vogliamo una gestione e divisione dell’Euro, ma dalla unitarietà reciproca dell’Uomo agricolo.
Ora speriamo che in Europa qualcuno sollevi la questione per un cambio di passo, di regole, di una integrazione Europea.
Speriamo nell’homus europeo agricolo, cioè la figura che sta sul territorio perché ci sono opportunità, che possa essere un passaggio dalla unione monetaria di spread e di speculazioni a quella Europa vera politica, sociale e civile”.
Giampietro Comolli
Collaborazioni OVSE: Rete Linkedin Updates Group Consulting (394 Testimonial in 48 mercati esteri) Insee, Oemv, Justdrinks, Winesas, Allt-Om-Vin, Inao, Echos, Istat, Ice, Eurostat, AcNielsen, DataBank, Iwsr/GDR, UbiFrance, RaboBank, uffici Dogane, Oeno.
Comolli
Economista Distretti Vini e Territori
Fondatore e Presidente O.V.S.E. – C.E.V.E.S. ®©
(Ph +393351996531)
skype: giampietro.comolli
Condividi L'Articolo
L'Autore